I giovani italiani sono sempre più disillusi rispetto alla possibilità di trovare lavoro in Italia e sempre più disponibili a guardare fuori confine. Oltre l’85% degli intervistati (19-32 anni) è convinto, infatti, che in Italia siano scarse o limitate le opportunità lavorative legate alle proprie competenze professionali. Il perdurare della crisi economica e la carenza di efficacia delle politiche passate, inoltre, ha generato una forte sfiducia nel futuro: poco meno di uno su quattro è convinto (“molto” o “abbastanza”) che l’Italia avrà un rilancio entro i prossimi tre anni, uno su cinque lo esclude categoricamente, mentre la maggioranza è appesa ad un po’ di fiducia (51,3%) ovvero tiene socchiusa la porta della speranza in attesa di segnali forti e concreti di svolta.
E’ questo il pensiero dell’universo giovanile come emerge da “La condizione giovanile in Italia – Rapporto Giovani 2014, edito da Il Mulino presentata a Roma alla presenza del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, del presidente delle Acli, Gianni Bottalico, del presidente giovani Confindustria, Marco Gay. Si tratta del secondo rapporto annuale basato sui dati di un’ampia indagine nazionale promossa dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo. La ricerca è stata elaborata a partire da un panel di 5000 persone tra i 19 e i 32 anni rappresentativo a livello nazionale.
La principale causa della disoccupazione è attribuita dal 37,3% dei giovani ai limiti della domanda nel mercato del lavoro, considerata sia ridotta come quantità sia bassa come qualità, a cui va aggiunta una mancanza d’investimenti in ricerca e sviluppo. Il 20,9% ritiene che si debbano migliorare meccanismi di reclutamento, legati a regole troppo rigide e lontani dalla meritocrazia. Solo il 19,2% attribuisce ogni causa alla crisi economica, mentre il 17,4% è autocritico: a loro avviso i giovani non trovano lavoro per via della poca esperienza (15,3%), di una scarsa formazione e dalla difficoltà ad accettare alcuni tipi di lavori.
Nel contesto attuale il 70% dei giovani vede il domani pieno di rischi ed incognite. Disoccupazione e impieghi precari spingono sempre di più i giovani ad essere concreti e pragmatici. E’ così che il 75,7% (80% dei giovani al Sud – 71,4% al Nord) rinuncia a programmare il proprio futuro per affrontare le difficoltà del presente. Se nel 2012 il lavoro era ancora considerato più un luogo di autorealizzazione che un mezzo per procurarsi reddito, ora, la situazione è completamente capovolta. L’obiettivo primario è quello di trovare un’occupazione retribuita rinviando nel medio-lungo periodo la propria realizzazione personale.
IL 70% pensa sarebbe giusto aspettarsi di percepire a 35 anni tra i 1000 e i 2000 euro mensili, ma oltre la metà dei rispondenti teme che non riuscirà ad andar oltre i 1500.
La carenza di orientamento e di adeguate informazioni sul mercato del lavoro e sulla sua evoluzione non aiuta i giovani a fare le scelte giuste di raccordo tra percorso formativo e professionale. Esiste un ampio scostamento tra settori in cui si aspettano di trovare impiego e settori con maggior domanda di assorbimento.
Tra chi studia è alta la frequenza, nel campione intervistato, di chi dichiara che cercherà lavoro nel settore pubblico (37%), soprattutto tra le donne, al Sud e tra i non diplomati, nonostante lo scarso peso di questo settore nell’occupazione giovanile (13% tra i giovani occupati intervistati). Gli studenti manifestano invece una forte sottovalutazione delle opportunità offerte da settori come il commercio, l’artigianato e l’agricoltura.
Sempre dall’indagine emerge come, se dal lato della domanda i giovani segnalano una carenza di reali opportunità, dal lato dell’offerta indicano come uno dei limiti principali non tanto la resistenza culturale verso certi tipi di lavoro ma soprattutto la carenza di combinazione tra formazione ed esperienza per poterli davvero svolgere.
In decisa crescita è infatti la disponibilità di adattamento anche verso attività di tipo manuale, purché con una remunerazione adeguata e nelle quali esprimersi in modo creativo.
Le difficoltà a trovare un lavoro intacca nei giovani non solo la fiducia nelle istituzioni, ma rischia anche di ridurre il senso di appartenenza sociale, portando i giovani a rifugiarsi nella rete parentale più ristretta al punto che solo il 35% circa ritiene che la maggior parte delle persone sia degna di fiducia. Un alto grado di fiducia viene riposto unicamente nei famigliari e negli amici: l’80% dei giovani si ritiene infatti soddisfatto dei propri rapporti.
“In una realtà sempre più complessa, competitiva e in rapida trasformazione è importante dotare le nuove generazioni di una solida formazione e di strumenti adeguati per fare le scelte giuste nel passaggio dalla scuola al mondo del lavoro” – afferma il prof. Alessandro Rosina, tra i curatori dell’indagine – “Attualmente l’Italia si trova ad essere, purtroppo, uno dei paesi avanzati che meno hanno attrezzato le nuove generazioni a cogliere le opportunità del mondo che cambia. Rispetto ai coetanei degli altri paesi sviluppati i giovani del nostro paese si trovano infatti più spesso avvolti da una fitta nebbia nelle fasi iniziali del percorso occupazionale, con il rischio di perdersi e finire fuori strada. Alta nelle nuove generazioni è la voglia di essere attivi e mettersi in gioco, ma alto è anche il rischio di frustrazione e demotivazione in carenza di politiche concrete ed efficaci in grado di aiutare i giovani italiani a dare solide basi al proprio futuro attraverso una adeguata collocazione nel mondo del lavoro”.