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Garanzia Giovani, intervista a Michele Tiraboschi: “Tanti annunci e promesse, ma nel nostro paese manca la capacità di progettare”

Abbiamo intervistato Michele Tiraboschi, professore di diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia, presidente di ADAPT (Associazione italiana per gli studi internazionali e comparati in diritto del lavoro e relazioni industriali) e direttore del Centro Studi Internazionali e Comparati “Marco Biagi”, sulla Garanzia Giovani, il Piano nazionale rivolto a tutti i giovani tra 15 ed i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in nessun percorso formativo .

 

Professor Tiraboschi, perché Garanzia Giovani non sta funzionando come era nelle aspettative?

Tanti annunci e tante promesse, ma nel nostro Paese manca la capacità di ascoltare, di progettare, di “fare”. Si sono organizzati convegni, si è promosso qualche modesto spot pubblicitario – che mai i ragazzi vedranno – e si sono poste le basi per riattivare la storica polemica tra Stato e Regioni sulle colpe della inefficienza dei nostri Centri per l’impiego. La lista di intese, protocolli, piani di attuazione è infinita. Si firma a ogni livello: nazionale, regionale, locale. Senza però che alle parole seguano i fatti. E così una azienda che voglia dare una vera occasione a un giovane, ancora oggi non riesce a capire se i fondi a disposizione siano attivi o no. Anche nel migliore dei casi, poi, la complessità per accedere agli stanziamenti è tale che il più delle volte viene voglia di lasciar perdere. A farne le spese sono i ragazzi, li abbiamo messi in fila dietro una porta, senza dare loro una risposta. Non sanno cosa attendersi perché nemmeno noi a sei mesi dal lancio abbiamo davvero capito cos’è Garanzia Giovani. È come se li avessimo imbarcati in un aereo e un certo punto gli dicessimo che la cabina di pilotaggio è vuota e che la voce rassicurante del capitano che sentivano era solo un messaggio registrato. Quale ci aspettiamo possa essere la loro reazione? Abbiamo messo in conto che gli effetti di questo piano potrebbero essere per loro tutt’altro che benefici? Io credo di no. E questo perché siamo troppo impegnati a parlare di loro, mentre parliamo troppo poco con loro. Se li ascoltassimo capiremo che hanno bisogno più che di un piano burocratico, di non essere lasciati soli, di guide, di punti fermi e di esempi da seguire. Nella Raccomandazione Europea, l’apprendistato viene individuato quale strada maestra per realizzare gli obiettivi di Garanzia Giovani. Esso viene visto come leva di placement: dove la formazione sul campo è al contempo strumento di selezione e di occupabilità. L’apprendistato si regge su un rapporto di apprendimento reciproco tra maestro e allievo che consente ai ragazzi di imparare facendo, di avere una guida da cui imparare, e alle aziende di innovarsi assorbendo le energie, le intuizioni dei giovani. Nel nostro Paese non lo si è capito: solo il 4,2% delle risorse di Garanzia Giovani sono state investite in apprendistato, condannando così il sistema al fallimento.

 

Secondo i dati elaborati dal Rapporto Giovani, gli under30 conoscono poco il Piano: il 45% dichiara di non saperne nulla e il 35% di averne sentito vagamente parlare. Meno di un giovani su cinque lo conosce abbastanza bene (14%) o molto bene (5%). Anche tra i Neet, la categoria su cui il Piano dovrebbe prima di tutto intervenire, la percentuale di chi lo conosce abbastanza o molto bene risulta molto bassa (attorno al 22%). Cosa ne pensa?

Questi dati possono essere letti da diversi punti di vista. In primo luogo evidenziano un problema di comunicazione, nonostante i numerosi fondi spesi a tale scopo. Che circa la metà dei giovani italiani non conosca questo strumento significa che non ha avuto la diffusione annunciata, non solo sui canali nazionali, ma anche e soprattutto su quelli locali. Possiamo però estrapolare un secondo ordine di riflessioni a partire da questi dati: uno dei problemi dei giovani italiani è l’inattività. Sappiamo infatti che circa l’85% dei giovani è senza lavoro e non lo sta cercando. Certo, molti sono a scuola, ma il dato resta comunque molto basso rispetto alla media europea e internazionale. Per questo è probabile che la scarsa conoscenza del piano Garanzia giovani sia data anche dal fatto che pochi di loro cercano un lavoro e, quando lo fanno, non passano dai canali istituzionali, che potrebbero parlagli del piano, ma da una rete di conoscenze e passaparola che oggi non è più in grado di consentire un vero incontro tra domanda e offerta.

 

Nel dibattito sul mercato del lavoro si parla molto di Art.18, molto meno di Garanzia Giovani: perché?

Il dibattito italiano sul mercato del lavoro risente molto di categorie ideologiche ancora presenti nella mentalità comune. I media non aiutano su questo, continuando ad incentrare articoli, commenti e polemiche sul tema dei licenziamenti quando ormai è un problema più che secondario. Penso che si parli poco di Garanzia giovani perché non si è colta la vera portata del piano, ossia che non è solo una serie di incentivi per l’assunzione dei giovani, ma una vera sfida per aumentarne l’occupabilità. È come se nel dibattito non si riuscisse mai ad andare oltre una visione di superficie, si parla infatti molto di politiche attive del lavoro, accusando l’Italia di non svilupparle a dovere, ma non appena ci viene offerta (con Garanzia giovani) la possibilità e la copertura finanziaria per metterle in pratica tutto tace, e nessuno se ne interessa.

 

Lei ha scritto che a fare le spese del malfunzionamento di Garanzia Giovani saranno gli stessi under30 italiani. Un’occasione perduta per le nuove generazioni? E che conseguenze ci saranno?

Al momento i giovani stanno già pagando il malfunzionamento del piano. Circa 150mila dei 200mila iscritti al piano non sono ancora stati contattati neppure per un primo colloquio informativo, questo porta ad un aumento della sfiducia nei confronti delle istituzioni e del mercato del lavoro stesso. Non giustifico certo il gran numero di giovani inattivi ma credo che mettere decine di migliaia di ragazzi in fila davanti ad una porta chiusa non sia stata una scelta saggia. Credo che il fallimento di Garanzia giovani sarebbe un’occasione perduta soprattutto per il nostro Paese, oltre che per la generazione degli under 30. Come ho detto, infatti, il piano europeo è, e rimane, una delle più grandi opportunità per modernizzare il sistema delle politiche attive del lavoro. Senza canali che sappiano aiutare l’incontro tra domanda ed offerta è difficile pensare che la presenza di incentivi economici possa da sola favorire l’aumento di occupazione. La conseguenza più grave sarebbe proprio quella di aumentare il numero di giovani che hanno studiato ma che non riescono a trovare imprese e realtà pronte ad investire su di loro.

 

Adapt e Repubblica degli Stagisti hanno promosso un monitoraggio online sulla Garanzia Giovani. Come sta andando? E quali dati emergono?

Il sondaggio è iniziato da pochi giorni e l’andamento è molto positivo. Al momento possiamo rilevare come l’attuazione di Garanzia giovani nelle diverse zone d’Italia si stia svolgendo in un clima di grande confusione. Dalle prime storie raccolte abbiamo racconti grotteschi di giovani la cui iscrizione al piano è stata cancellata inspiegabilmente dopo alcune settimane, giovani a cui è stato chiesto di trovare loro aziende presso cui farsi assumere, zone d’Italia nelle quali non è presente nessuna impresa che ha presentato offerte di lavoro tramite il piano europeo. Ci auguriamo che le testimonianze dei giovani possano spronare regioni e Ministero a un miglior funzionamento del piano, a partire dal portale nazionale, rispetto al quale ADAPT ha presentato un decalogo per risolvere numerosi problemi riscontrati.

 

Il Rapporto Giovani presentato a Locri: “Un’occasione per avviare un osservatorio locale in collaborazione con il Toniolo”

Venerdì 24 ottobre, presso il salone del Centro Pastorale Diocesano di Locri, si è tenuto un convegno per la presentazione del Rapporto Giovani curato dall’Istituto Toniolo, Ente fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Tale studio, condotto con la collaborazione dell’istituto Ipsos, intende monitorare la condizione giovanile su scala nazionale. L’iniziativa è stata organizzata dall’equipe diocesana dell’Università Cattolica, rappresentata dalla delegata diocesana, prof.ssa Maria Carmela Ferrigno e dall’assistente diocesano don Fabrizio Infusino, che hanno preparato il convegno assieme ad un gruppo di volontari laureati presso la stessa Università del Sacro Cuore e residenti in Diocesi.

“Il convegno –come spiega don Fabrizio Infusino- ha voluto promuovere la collaborazione tra Università e territorio, con lo scopo di avviare, in collaborazione con l’Istituto Toniolo, un osservatorio locale favorendo la sinergia delle agenzie educative presenti ed operanti sul territorio. La presentazione del volume con i suoi risultati, ha assunto quindi i connotati di una consegna di alcuni indicatori utili per promuovere iniziative mirate ed efficaci per la crescita integrale dei nostri giovani”.

Ed ecco alcuni tweet sul convegno tenutosi nella città calabrese:

 

 

 

Foligno, presentato il Rapporto Giovani all’Istituto San Carlo

L’Istituto San Carlo di Foligno, come consuetudine, la seconda domenica di novembre ha celebrato la festa del proprio patrono San Carlo Borromeo: un occasione per celebrare e vivere un momento di condivisone e di formazione. Il Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile, che ha la propria sede all’Istituto San Carlo, offre all’intera cittadinanza un’opportunità di conoscere questo storico istituto che ha formato intere generazioni di giovani e che continua a dar vita a numerose proposte in vari ambiti attraverso le associazioni che vi operano.

“Per la prima volta, quindi, non è stata più la festa solo degli “inquilini”, ma diventa la festa di tutta la diocesi e città di Foligno. Abbiamo deciso di spalancare le porte, per far conoscere chi vi “abita” e occupa quegli spazi- ha spiegato Michele Tufo, direttore del Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile della Diocesi di Foligno- ringrazio a nome del  Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile tutte le realtà  presenti all’Istituto San Carlo che operano e prestano un servizio prezioso alla comunità diocesana  (Radio Gente Umbra, Gazzetta di Foligno, gli amici di Taizè, l’Azione Cattolica Diocesana, Protemus, l’ associazione teatrale Corale, Ordet), che hanno accettato l’invito a collaborare insieme, ma soprattutto di proporre qualcosa di importante ai nostri giovani e alla società civile e religiosa. E’ stata una bellissima testimonianza! Quello proposto è stato un vero e proprio “SAN CARLO MEETING”, occasione per ricordare il 10° anniversario dall’indizione del Sinodo dei Giovani: un’ esperienza voluta dal vescovo Arduino Bertoldo e messa in pratica da molti giovani che si sono messi in “gioco” camminando insieme per circa tre anni. Quindi due giorni dove le parole chiave si riallacciavano al tema della FIDUCIA, sono state: INCONTRO, CELEBRAZIONE, CONDIVISIONE. Infatti è stato proprio l’incontro con l’Istituto Toniolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, al quale va il mio più sentito ringraziamento,  che ha dato  il “la” all’intera iniziativa, un momento di riflessione e confronto, sulla “fiducia” che i giovani ripongono in se stessi, nella propria famiglia, nelle relazioni affettive e nelle istituzioni, per essere sempre più all’altezza di meritarla ed essere loro punti di riferimento. E’ stato dunque un vero e proprio momento di formazione partecipanti (giovani, genitori, insegnanti, educatori, allenatori, operatori pastorali)”.

 

 

Angeli del fango: l’importanza del volontariato informale per i giovani

Quasi due giovani su tre (il 64,8%) non hanno mai fatto volontariato e solo il 6,6% lo fa in modo continuativo. In mezzo c’è un 7% che il volontariato lo fa, ma con un impegno saltuario. Poco o tanto che sia, chi fa volontariato preferisce giocare da solo: oltre l’86% dichiara di non appartenere ad alcuna associazione. Sono i dati raccolti dal Rapporto Giovani, promosso dall’Istituto Toniolo con Fondazione Cariplo e Università Cattolica, il più recente e completo realizzato in Italia sui Millennials.

Per Elena Marta «da anni appiccichiamo ai giovani l’etichetta del disimpegno, ma non è così. Le percentuali di giovani che fanno volontariato sono basse, ma non sono in ribasso. Negli anni il dato oscilla di poco, dal 10 al 16%, a seconda anche di quello che consideriamo. Il problema forse è che dobbiamo cambiare la lente attraverso cui guardiamo il fenomeno». Le indagini statistiche infatti si fanno con delle domande standard, che bene o male partono dal fotografare come volontario chi dedica a un’organizzazione sociale tre ore alla settimana o 20 giorni all’anno.

La professoressa Marta è netta: «Abbiamo categorie vecchie. Bisogna fare nuove domande, chiedere le cose in modo diverso, altrimenti resta fuori tutto il volontariato informale e non penso solo a ciò che passa da internet. Restano fuori l’educatore d’oratorio, i volontari dei tanti festival che da questo punto di vista hanno appassionato un numero imprevedibile di giovani volontari, l’impegno civico per l’ambiente, la raccolta differenziata, i Gas». Cose che secondo le definizioni tradizionali non sono nemmeno volontariato, ma che senza dubbio sono un’azione personale che costruisce bene comune e cittadini.

Ed ecco che alla luce di quanto avvenuto a Genova ( dove sono ormai centinaia “Gli angeli del fango”, quasi tutti giovanissimi, tutti lì per dare una mano con generosità)  questi dati  “sommersi” assumono rilevanza ancora maggiore: occorre interrogarsi rispetto alle “definizioni tradizionali” del mondo del volontariato, specialmente se riferite al mondo giovanile. «La novità ulteriore» precisa la professoressa «è che attraverso questo tipo di impegno l’azione sociale diventa un habitus, un modo di essere nella vita quotidiana». La stessa che ha spinto giovani e giovanissimi a spalare il fango nei vicoli di Genova.

Presentato il Rapporto Migrantes: in aumento i giovani con titolo di studio in fuga dall’Italia

La Fondazione Migrantes ha presentato il Rapporto Italiani nel Mondo 2014. Giunto alla nona edizione, il RIM è uno strumento culturale che si propone di trasmettere informazioni, nozioni, conoscenze sull’emigrazione italiana del passato e sulla mobilità degli italiani di oggi ad un pubblico vasto con un linguaggio semplice e immediato.

Per una maggiore comprensione delle partenze di oggi dall’Italia, che hanno raggiunto nel 2013 il numero di 94.000 persone – cifra superiore ai flussi dei lavoratori immigrati in Italia -, in questa edizione, oltre i dati del consueto database centrale dell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero, si sono analizzate e descritte anche le iscrizioni all’AIRE con la sola motivazione dell’espatrio avvenute nel corso del 2013.  Questi dati, insieme alle riflessioni sull’emigrazione interna, sulla mobilità per studio e formazione e dei ricercatori italiani, dei frontalieri nel Canton Ticino e il confronto con gli spostamenti degli italiani nell’ambito dei principali paesi europei, offrono un quadro articolato sul significato della mobilità italiana di oggi, sulle sue caratteristiche, sui trend che segue e sulle novità che emergono

L’aumento in valore assoluto rispetto al 2013 è di quasi 141 mila iscrizioni, il 3,1% nell’ultimo anno. La  maggior parte delle iscrizioni sono per espatrio (2.379.977) e per nascita (1.747.409).  Lungo il corso del 2013 si sono trasferiti all’estero 94.126 italiani – nel 2012 sono stati 78.941 – con un saldo  positivo di oltre 15 mila partenze, una variazione in un anno del +16,1%.

Per la maggior parte uomini sia nel 2013 (56,3%) che nel 2012 (56,2%), non sposati nel 60% dei casi e  coniugati nel 34,3%, la classe di età più rappresentata è quella dei 18-34 anni (36,2%). A seguire quella dei 35-49 anni (26,8%) a riprova di quanto evidentemente la recessione economica e la disoccupazione siano le effettive cause che spingono a partire. I minori sono il 18,8% e di questi il 12,1% ha meno di 10 anni. Il Regno Unito, con 12.933 nuovi iscritti all’inizio del 2014, è il primo Paese verso cui si sono diretti i recenti migranti  italiani con una crescita del 71,5% rispetto all’anno precedente. Seguono la Germania (11.731, +11,5% di crescita), la Svizzera (10.300, +15,7%), e la Francia (8.402, +19,0%).

Dall’Italia dunque non solo si emigra ancora, ma si registra un aumento nelle partenze che impone nuovi interrogativi e nuovi impegni. Ed è questo l’impegno che la Fondazione Migrantes si è imposta soprattutto alla luce degli ultimi sviluppi e dell’incremento numerico degli spostamenti che riguardano oggi migliaia di giovani, mediamente preparati o altamente qualificati, con qualifiche medio alte o privi di un titolo di studio. Solo quando ci si convincerà delle opportunità che un italiano ha fuori dell’Italia di arricchire e valorizzare il Paese in cui è nato, probabilmente si capirà cosa significhi effettivamente parlare di “risorsa migrazione”, dove per ricchezza non si intende solo quella economica, ma anche tutto ciò che di positivo ritorna in termini

culturali.

Sinodo, per sette giovani su dieci la famiglia è essenziale per la vita

Il 70 % dei giovani italiani considera la famiglia un pilastro essenziale della propria vita, in particolare il 67% (molto d’accordo e abbastanza d’accordo) la ritiene fondata sul matrimonio. Il nucleo famigliare rappresenta un punto di riferimento stabile e affidabile al quale fare riferimento in situazioni di difficoltà: di fronte ad un futuro incerto la famiglia d’origine rappresenta una fondamentale certezza.

La volontà di costruire una famiglia con figli rimane alta (94% favorevole), seppur poi nel tempo tenda progressivamente al ribasso per le difficoltà incontrate nel percorso di transizione alla vita adulta. In particolare meno del 15% degli intervistati considera ideale una famiglia con un solo figlio o nessuno. Considerevole è la quota di chi, potendo, vorrebbe avere più di due figli che raccoglie il 40% dei giovani.

E’ quanto emerge dal Rapporto Giovani, l’indagine curata dall’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con Ipsos e il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo, diffusa in occasione del prossimo Sinodo della Famiglia di ottobre. La rilevazione è stata condotta su un campione di 1727 giovani di età 19-30 anni.

Solo un under 25 su tre progetta di sposarsi entro i prossimi 3 anni. Ma una buona parte di questi davanti alle difficoltà si trova poi a posticipare ulteriormente. La maggioranza di chi ha tra i 25 e i 30 anni non risulta ancora aver formato una propria famiglia (il 60% vive ancora coni genitori). Ancora meno sono gli under 25 che prevedono di avere un figlio entro i prossimi 3 anni (circa il 18%). Difficilmente oramai prima dei 25 anni i giovani italiani riescono a realizzare scelte importanti per la loro vita

La famiglia di origine resiste come forza principale di aiuto, ma le relazioni non sono sempre facili e a farne le spese è soprattutto la figura paterna. Il 32% dei giovani, infatti, denuncia il fatto che non esista una perfetta comunicazione con il proprio padre soprattutto a causa del fatto che le proprie ragioni poco o nulla vengono considerate. La figura paterna ha perso, infatti, rilevanza nella vita dei giovani, che al contrario confermano e consolidano il legame privilegiato con la madre.  La mamma è indicata come principale riferimento dal 32,9% dei giovani ed è seguita dalla figura dell’amico/a (24,6%). Il padre è solo in quarta posizione (9,2%) preceduto dal partner (14,4%).

Nell’ambito delle relazioni familiari e sociali per il 21,4% dei giovani è centrale la necessità di essere ascoltati senza essere giudicati, mentre per il 16.6% che siano capiti realmente i problemi facendo comprendere gli sbagli, per il 9.8% che si riesca a trasmettere serenità ed entusiasmo per la vita.

La grande maggioranza dei giovani ha tra i propri progetti di realizzazione di vita una famiglia di due figli o più – dichiara il prof. Alessandro Rosina, fra i coordinatori del Rapporto Giovani -. Questo dato conferma ulteriormente come la bassa fecondità italiana non sia una questione di desideri e progetti ma di possibilità di realizzarli con il sostegno e le politiche adatte”.

Le persistenti difficoltà – aggiunge Rosina – che i giovani trovano nel conquistare una propria autonomia, nell’inserirsi nel mercato del lavoro e nel percorso di entrata piena nella vita adulta, hanno fatto aumentare ulteriormente la domanda di aiuto e supporto nei confronti della famiglia di origine. D’altro canto molti genitori, in un contesto socio-economico sfavorevole per le nuove generazioni, cercano di compensare come possono e a volte eccedendo nella funzione protettiva rischiando di incentivare l’insicurezza anziché promuovere l’intraprendenza. La famiglia e le strette relazioni familiari diventano quindi, in molti casi, un luogo nel quale rinchiude

Garanzia Giovani, gli under 30 scettici sul piano occupazione del governo. E i giovani del Nord la conoscono meno dei coetanei del Sud

Se questo è il principale strumento che il Governo italiano sta realizzando come contrasto alla disoccupazione giovani, quanto è conosciuto davvero tra gli under 30 italiani e quanto ritengono possa davvero, finalmente, migliorare in modo strutturale la loro condizione?

 

I dati dell’indagine di approfondimento su questo tema condotta a luglio 2014 nell’ambio del “Rapporto giovani” risultano poco rassicuranti. Evidenziano, a due mesi dall’avvio, una scarsa conoscenza del Piano del  Governo sulla “Garanzia giovani”, d’altro lato, una bassa fiducia sull’impatto generale che potrà avere.

 

I giovani conoscono poco il Piano.Il 45% dichiara di non saperne nulla e il 35% di averne sentito vagamente parlare. Meno di un giovani su cinque la conosce abbastanza bene (14%) o molto bene (5%). Anche tra i Neet, la categoria su cui il Piano dovrebbe prima di tutto intervenire, la percentuale di chi la conosce abbastanza o molto bene risulta molto bassa (attorno al 22%).

 

Riguardo agli effetti solo il 37% pensa che migliorerò molto o abbastanza il rapporto dei giovani con il mercato del lavoro. Prevalgono quindi gli scettici con un 54% che afferma che cambierà poco o nulla. I meno convinti sono i Neet, per i quali quest’ultimo valore sale al 58%.

 

Questi dati poco rassicuranti riflettono una visione negativa più generale degli under 30 italiani non tanto rispetto alle proprie capacità e alla voglia di emergere comunque, documentata da altri dati del Rapporto giovani, ma sulla possibilità che la politica italiana possa veramente migliorare le possibilità del paese di crescere valorizzando il contributo della nuove generazioni.

 

In prospettiva, se si chiede, allora, agli intervistati se pensano che tra tre anni la propria situazione sarà migliore rispetto ad oggi, quasi il 60% risponde poco o per nulla e si sale al 68% se la domanda è riferita alle condizioni in generale delle nuove generazioni.

Questo dato è la conseguenza del fatto che bassa è la fiducia che tra tre anni l’Italia sarà in condizioni migliori di oggi: il 71% pensa che non riuscirà a convergere verso i livelli di crescita degli altri paesi sviluppati.

 

Quanto l’informazione sul Piano è riuscita a raggiungere i potenziali destinatari?

La “Garanzia giovani”, è meno conosciuta e risulta trovare meno interesse nei giovani del Nord.

Tra i giovani settentrionali a conoscerla bene è solo il 14% degli intervistati, contro il 23% al Sud.

 

La conoscenza è maggiore per chi ha titolo di studio più elevato. Se per chi si è fermato alla scuola dell’obbligo quasi la metà dicono di non saperne assolutamente nulla, tale percentuale scende sotto il 40% per i laureati.

 

Per Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’indagine, “la Garanzia giovani a quattro mesi dal suo avvio, da un lato, sembra ancora relativamente poco conosciuta, e d’altro lato è attesa alla prova dei fatti con alla base una perplessità di fondo dei giovani verso la capacità della politica di migliorare davvero le possibilità di crescita del paese e la condizione delle nuove generazioni”.

Le maggiori perplessità verso la “Garanzia giovani“ nei contesti produttivi più dinamici, ovvero nel Nord, e per le fasce più istruite può essere ricondotta al minor interesse verso misure dall’alto, che sembrano fornire occasioni marginali per non rimanere inattivi più che reali opportunità di impiego e di vera valorizzazione– ha aggiunto lo stesso Rosina- nei giovani laureati del Nord, in particolare, c’è un forte timore che l’adattamento al ribasso rischi di diventare intrappolamento in condizioni di precarietà senza uscita”.

 

 

Il Rapporto Giovani presentato al Presidente Napolitano

Roma – Nella mattinata di martedì 28 gennaio, al Quirinale, nello studio privato del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il cardinale Angelo Scola, presidente dell’Istituto Toniolo, ha guidato la delegazione composta dal direttore dell’Istituto Enrico Fusi, dal rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli, dalla professoressa Paola Bignardi (coordinatrice del gruppo di ricerca del Rapporto Giovani), dal professor Alessandro Rosina (coordinatore scientifico del Rapporto) e dall’avvocato Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo e partner del Rapporto.

 

Il cardinale Scola ha presentato al presidente Napolitano le finalità del Rapporto Giovani “nato per offrire una lettura scientifica e affidabile dell’universo giovanile italiano in questo tempo di rapidi mutamenti”. Il presidente Napolitano ha ascoltato con interesse la presentazione del Rapporto Giovani, prestando particolare attenzione ai temi del lavoro e dell’imprenditoria giovanile, della scuola, della relazione tra formazione e ingresso nella professione, della famiglia, del futuro e del volontariato. “È stato un incontro molto cordiale e intenso – ha spiegato il cardinale Scola – un’occasione privilegiata per condividere il lavoro di indagine del Rapporto Giovani, un contributo al Paese per far conoscere la realtà dei giovani, superando i numerosi stereotipi che circolano sui ragazzi. Il Rapporto Giovani, insieme alle Borse di studio, ai collegi, ai progetti di formazione internazionali, è un contributo che l’Istituto Toniolo offre agli studenti dell’Università Cattolica e alla realtà giovanile”.

Tgr Lombardia

“I giovani e il volontariato”: presentazione del Rapporto Giovani a Teramo

Teramo –  Mercoledì 26 marzo, alle 11, all’Università degli studi (Sala tesi) di via Renato Balzarini 1, si terrà la presentazione del Rapporto Giovani dal titolo “I giovani e il volontariato”.

 

S.E. Rev.ma Mons. Michele Seccia

Vescovo di Teramo-Atri

 

Luciano D’Amico

Rettore dell’Università degli studi di Teramo

 

Rita Bichi

Professore ordinario di Sociologia generale

Università Cattolica del Sacro Cuore

 

Everardo Minardi

Professore ordinario di Sociologia generale

Università degli studi di Teramo

 

Dante D’Elpidio

Vicepresidente nazionale Unitalsi (Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali)

 

Coordina Mauro Todeschini

Direttore del quotidiano “Il Centro”

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