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Giovani e Fede, Telenova parla del Rapporto Giovani

Nel corso della trasmissione di Telenova “La Chiesa nella città”, condotta da Annamaria Braccini, è andato in onda il servizio dedicato al Rapporto Giovani e, in particolare, sugli ultimi dati emersi per quanto concerne il rapporto tra giovani e fede.

 

L’intervista alla prof.ssa Bichi, una delle curatrici della ricerca, è visibile al minuto 20:25

 

Radio Vaticana: “I giovani guardano al Papa e pensano a San Francesco”

Radio Vaticana, l’emittente ufficiale della Chiesa cattolica, ha dedicato una trasmissione all’analisi dei dati del Rapporto Giovani sulla sintonia tra il Pontefice e la fascia giovanile della popolazione, in occasione della visita pastorale di Papa Francesco ad Assisi per le celebrazioni del Patrono d’Italia.

 

Le similitudini tra Papa Francesco e San Francesco sono davvero tante”. Il dato emerge dal Rapporto Giovani, l’indagine curata dall’Istituto Toniolo, Università Cattolica, in collaborazione con l’Ipsos e la Fondazione Cariplo. Dati ottenuti da un campione di 9000 giovani tra i 18 ed i 29 anni. L’85,5% dei giovani esprime gradimento per l’atteggiamento del Papa nei confronti di chi soffre. La salvaguardia del Creato, è un altro dei temi che accomuna il Papa a San Francesco. Percentuali alte, anche quando si parla di un altro tema francescano, la pace. Ne parliamo con il sociologo Gennaro IorioPer padre Gianfranco Grieco, dei Frati Minori Conventuali, il prossimo viaggio del Papa ad Assisi, rilancerà la figura del Santo come “fratello universale degli uomini”. “San Francesco offre da secoli agli uomini il messaggio del Vangelo, del Cristo povero. Dobbiamo stare attenti non solo a cosa dirà il Papa, ma soprattutto ai gesti che farà”. “Il viaggio del Papa ad Assisi forse aprirà un nuovo capitolo del suo Pontificato”.

 

Clicca qui per ascoltare la trasmissione

Assisi: “83% dei giovani si identifica con il linguaggio di Bergoglio”

La lingua, i gesti, a volte le parabole. Sarà forse il nome scelto, ma San Francesco ha oggi, nel ruolo di grande comunicatore, un erede di tutto rispetto. Ovviamente, Papa Bergoglio. Certo, oggi, si usa Twitter, ma l’accostamento è davvero significativo. Lo dicono con chiarezza i dati del Rapporto Giovani, l’indagine curata dall’Istituto Toniolo, in collaborazione con l’Ipsos e la Fondazione Cariplo.

 

La ricerca raccoglie informazioni dettagliate sui valori, i desideri, le aspettative, sui progetti di vita dei giovani e sulla loro realizzazione. L’obiettivo è quello di fornire le basi di una conoscenza solida dei cambiamenti in corso e del loro impatto sulla vita delle persone, utile anche per intervenire con strumenti adeguati per migliorarla. I dati sono stati ottenuti da un ampio campione, rappresentativo su scala italiana, di 9000 giovani tra i 18 e i 29 anni.

 

In aggiunta ai risultati dell’indagine principale (in sintesi riportati su www.rapportogiovani.it), a giugno 2013 è stato sottoposto a un campione di 928 giovani rappresentativo a livello nazionale, un questionario di approfondimento su temi di attualità e sull’atteggiamento verso il nuovo Papa e le aspettative riguardo al suo pontificato.

 

I dati rivelano che, nel giorno in cui si celebra il Patrono d’Italia, che le similitudini con Papa Francesco sono davvero tante.

 

A partire come detto dalla comunicazione e dal linguaggio usato dal Pontefice. L’83,6 % sostiene che le parole scelte sono adatte al mondo contemporaneo, capaci cioè di raggiungere il cuore delle persone. Ma le similitudini non finiscono qui.

 

Alte le percentuali quando si parla di problemi sociali. L’85,5% esprime gradimento per l’atteggiamento del Papa nei confronti di chi soffre, mentre l’85,2% considera Bergoglio vicino alla gente. L’immagine che esce dal sondaggio è insomma quella di un Pontefice simpatico (lo è al 91,5%), capace di far crescere la coerenza morale tra i comportamenti e i valori affermati (lo pensa l’81% degli intervistati) e in grado di essere un vero e proprio paladino dei valori della Chiesa (ne è convinto il 65,7%).

 

Secondo il campione intervistato, oltre l’80% le risposte positive, il Pontefice ha instaurato un ottimo rapporto con le altre religioni. Solo il 13,3% ritiene invece che abbia fatto poco o nulla in tal senso.

 

Capitolo ambiente. La salvaguardia del Creato è, per il campione intervistato, un altro dei temi che accomuna i due Francesco. Anche se i giudizi positivi, registrano, in questo caso, una flessione: il 64,5% risponde abbastanza, molto o moltissimo al quesito relativo all’attenzione del Papa verso l’ecologia. Poco risponde invece il 21% dei giovani. Le percentuali risalgano quando si parla di un altro tipo di attenzione, quella verso i poveri: l’86,7% sostiene che il Pontefice riservi particolare amore nei confronti dei più disagiati. 9,2% hanno invece un giudizio del tutto diverso, poco o per nulla.

 

Percentuali ancora più significative quando si parla di un altro tema francescano: la pace. A detta dell’84,2%, il Papa mostra una grande attenzione verso questo tema così importante e la veglia di preghiera perla Siriain piazza San Pietro, di cui è stato promotore, ne è la più alta testimonianza. Poco più del 10% le risposte negative.

 

 

“I giovani – spiega il professor Alessandro Rosina, docente di Demografia all’Università Cattolica di Milano e curatore della ricerca– hanno colto fino in fondo la grande novità di Bergoglio. Il fatto straordinario di un Papa che alza il telefono e chiama le persone più lontane ed umili rappresenta una novità assoluta che trasforma il semplice aspetto mediatico in un caloroso abbraccio umano che ha un valore di gran lunga maggiore delle prime pagine dei maggiori quotidiani”.

 

Così il professore Pierpaolo Triani docente di Didattica dell’Università Cattolica e fra i curatori della ricerca : “I dati messi in rapporto con l’attuale considerazione che i giovani hanno delle istituzioni, compresa la Chiesa, indicano un grande investimento di fiducia. I giovani intervistati vedono in Papa Francesco una persona capace di grande capacità comunicativa, capace di mostrare vicinanza e di mettere in dialogo la Chiesa con i cambiamenti che stanno attraversando la società. Avvertono una vicinanza emotiva e una tensione morale verso la quale manifestano grandi attese soprattutto in ordine all’attenzione verso problemi sociali e verso l’esemplarità dei comportamenti dei  cristiani

Disoccupazione giovanile, è record: 40,1%

Una nuova rilevazione, effettuata dall’Istat nel mese di agosto, ha registrato un dato allarmante: per la prima volta nel nostro paese il tasso disoccupazione dei giovani ha superato la soglia del 40%. Tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 667 mila e rappresentano l’11,1% della popolazione in questa fascia d’età, con un tasso di disoccupazione pari al 40,1%, in aumento di 0,4 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 5,5 punti nel confronto tendenziale. E a lanciare l’allarme è anche il Cnel che, delineando il suo ritratto del mercato del lavoro italiano, ha sottolineato come parte della disoccupazione generata nella crisi sia ormai da ritenersi strutturale.

 

Secondo il rapporto dell’Istat, inoltre, il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce dello 0,3% rispetto al mese precedente (-42 mila unità) e dello 0,8% rispetto a dodici mesi prima (-113 mila). Il tasso di inattività si attesta al 36,3%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e di 0,2 punti su base annua.

 

Ad agosto 2013 gli occupati sono 22 milioni 498 mila, sostanzialmente invariati rispetto al mese precedente e in diminuzione dell’1,5% su base annua (-347 mila), mentre il tasso di occupazione, pari al 55,8%, rimane invariato in termini congiunturali e diminuisce di 0,8 punti percentuali rispetto a dodici mesi prima. Il numero di disoccupati complessivi, pari a 3 milioni 127 mila, aumenta dell’1,4% rispetto al mese precedente (+42 mila) e del 14,5% su base annua (+395 mila). Infine, il tasso di disoccupazione si attesta al 12,2%, in aumento di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 1,5 punti nei dodici mesi.

Bagnasco alla Cei: “Priorità giovani e lavoro”

Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, prendendo la parola per la prolusione al Consiglio permanente dei vescovi italiani ha ribadito l’importanza della dignità del lavoro, soffermandosi in particolare sulla condizione dei giovani italiani, spesso costretti a emigrare, come certificato anche dal Rapporto Giovani. «Gli osservatori dicono», ha spiegato il cardinale all’assise riunitasi a Roma, «che l’attuale indice di disoccupazione giovanile raggiunge il 37,3 per cento, e tutti sappiamo che, senza opportunità, i giovani sono costretti a farsi emigranti, impoverendo giocoforza il Paese di giovinezza e di competenze. Per non dire di quanti vivono nella paura di perdere il posto di lavoro a breve. Come anche sottolineato dal Santo Padre, è “una sofferenza – la mancanza di lavoro – che ti porta – scusatemi se sono un po’ forte, ma dico la verità – a sentirti senza dignità! Dove non c’è lavoro, manca la dignità” (Incontro con il mondo del lavoro a Cagliari, 22.09.2013)».

 

Proprio per questo, riferendosi alla situazione generale del Paese, il presidente della Cei ha espresso la necessità di una grande responsabilità in un momento tanto difficile: «Ogni passo è benvenuto, ma l’ora esige una sempre più intensa e stabile concentrazione di energie, di collaborazioni, di sforzi congiunti senza distrazioni, notte e giorno. Ogni atto irresponsabile – da qualunque parte provenga – passerà al giudizio della storia».

 

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Delrio: “Per numero i Neet sono la decima regione italiana”

Il quotidiano Avvenire ha pubblicato un’intervista ai ministri Giovannini e Delrio dal titolo “Giovani d’Italia, il grande spreco”. I due ministri del governo Letta hanno dunque affrontato diversi nodi irrisolti legati alla dimensione giovanile, in primis il fenomeno dei Neet. Ecco alcuni estratti dell’intervista:

 

Giovannini Mi creda, se c’è un dato su cui non dormo la notte è questo. I Neet sono 2,2 milioni, un esercito. Sa con loro quanto perdiamo? 25 miliardi di euro all’anno. 25 miliardi bruciati, il 2 per cento del Pil. Il lavoro dei maestri e degli insegnanti va al macero. Uno spreco intollerabile. Abbiamo già iniziato a rispondere con i provvedimenti di questi mesi: incentivi per le assunzioni dei giovani, più orientamento universitario, alternanza scuola-lavoro, tirocini con valore di crediti formativi negli atenei, stimoli alle start-up. Ma le statistiche ci indicano soprattutto la strada dei tirocini: chi ha questo tipo di esperienza poi lavora prima.

 

Delrio Lo sto ripetendo con tutta la voce che ho: i Neet, come numero, rappresentano la decima regione italiana. È con loro che rischiamo una frattura definitiva. Il problema non è solo che non lavorano, ma che escono fuori dalla convivenza civile, possono sentirsi espulsi, messi ai margini, possono essere attratti dall’illegalità. Io credo che sia questo il vero bivio che il governo deve mettere dinanzi ai partiti: se ci lasciate lavorare su questa assoluta priorità, bene. Altrimenti ve ne assumete la responsabilità.

 

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Rosina: “Scarsa valorizzazione dei giovani dura da decenni, occorre cambiare modello sviluppo del paese”

Intervista ad Alessandro Rosina,  uno dei curatori del Rapporto Giovani, su uno dei temi più scottanti dell’attualità: l’emigrazione di tanti giovani italiani verso l’estero, alla ricerca di opportunità lavorative. E proprio di questo tema Rosina ha parlato a Conversano (Bari), nell’ambito dell’incontro dal titolo “Generi e Generazioni”.

 

Quale fotografia del nostro paese è uscita dal dibattito di Conversano?

La fotografia uscita dal dibattito di Conversano è quella di un paese che ha grandi potenzialità inespresse. Un paese che non riesce a valorizzare – mancando politiche di investimento sociale e di promozione attiva – le capacità e le competenze delle persone ed in particolare dei giovani. Le economie avanzate che crescono di più sono proprio quelle che includono maggiormente le nuove generazioni nei processi decisionali e di sviluppo del paese. Dai dati del Rapporto giovani dell’Istituto Toniolo emerge in modo molto chiaro come i giovani non vogliano assistenzialismo passivo ma opportunità per mettersi in gioco con le loro idee e la loro voglia di fare. Purtroppo l’Italia è uno dei paesi avanzati che meno offre tali opportunità.

 

 Le nuove generazioni stanno pagando a caro prezzo la crisi economica, ma soprattutto la scarsità di opportunità lavorative. Il mercato del lavoro in Italia è così stagnante?

Già prima della crisi economica l’Italia presentava bassi ritmi di crescita e difficoltà di inclusione dei giovani nel mercato del lavoro. La recessione ha quindi colpito un paese che era già in difficoltà nel produrre sviluppo e benessere. Il costo maggiore ricade ancora una volta sui giovani, che si trovano a cercare lavoro e a costruire le basi dei propri progetti di vita in un paese che non cresce, che investe poco in innovazione e in politiche attive per il lavoro, che perde posizioni di competitività sullo scenario internazionale.

 

L’emigrazione di tanti ragazzi e ragazze rappresenta un fenomeno in aumento, come si evince anche da recenti analisi: cosa può fare il nostro paese per frenare questa emorragia?

Il fatto che molti giovani vadano all’estero per studio o per esperienze di lavoro non va di per sé visto come un fatto negativo. Il problema non è tanto frenarne l’uscita dei cervelli, ma favorire la circolazione dei talenti. Ovvero fare in modo che con la stessa facilità con cui vanno possano anche tornare, o altrettanti se ne possano attrarre da altri paesi. Le politiche utili sono quindi quelle che rendono l’Italia un paese attrattivo perché consente a chi ha idee e voglia di fare – chiunque sia e qualunque sia la sua origine – di realizzare qui cose importanti.

 

Gli ultimi dati Istat hanno certificato un calo notevole dei livelli di occupazione tra gli under 35. Un segnale preoccupante, nonostante da più parti si parli di ripresa?

In tutta Europa la crisi ha colpito di più i giovani, ma in Italia il tasso di occupazione giovanile era già molto basso prima della crisi e l’impatto della recessione è stato ancor più duro proprio su tale fascia della popolazione. Bisogna tener presente che la scarsa valorizzazione del capitale umano dei giovani non è una emergenza prodotta dalla crisi, ma una persistenza che dura da decenni. Non basta quindi uscire dalla recessione, bisogna cambiare in modo più profondo e strutturale il modello di sviluppo di questo paese per riallinearlo al meglio di quanto le nuove generazioni possono esprimere.

 

La situazione nel Mezzogiorno è particolarmente preoccupante: solo il 51% dei giovani del Sud ha un lavoro. E’ un’emergenza nazionale troppe volte sottovalutata, secondo lei?

Se la situazione dei giovani in Italia è problematica, lo è al quadrato nelle regioni del Sud. In tale area del paese si vedono pochi segnali di miglioramento. Rispetto al resto dell’Italia, l’economia cresce di meno, il sistema di welfare è meno efficiente, maggiore è anche la sfiducia nelle possibilità di un miglioramento delle condizioni individuali e di contesto. Si assiste quindi ad un doppio flusso di giovani: dal sud verso il nord Italia, e dal nord verso l’estero. Per uscire dal questa condizione è necessario ripartire proprio dalle opportunità delle nuove generazioni. Attraverso strumenti che sostengono un ruolo attivo e intraprendente dei giovani. Alcune esperienze positive, come il programma “bollenti spiriti” della regione Puglia, dimostrano che politiche in questa direzione possono dare buoni frutti.

Paleari (Crui): “Stop alla fuga dei ricercatori, a rimetterci è il Paese”

Stefano Paleari, 48 anni, rettore dell’Università di Bergamo, è stato nominato presidente della Crui, l’organismo che riunisce i rettori italiani. E le sue prime parole da neo-presidente sono state rivolte al mondo della ricerca e dei ricercatori, ossia quegli studenti, dottorandi e professionisti ad alto grado di specializzazione che sempre più spesso decidono di lasciare il nostro paese per cercare opportunità migliori all’estero. E anche il mondo della politica è stata al centro dell’intervento di Paleari: servono risorse perché l’università italiana possa tornare a investire in ricerca e colmare il divario con gli altri paesi europei. Anche perché, secondo il rettore, senza ricerca l’Italia non riparte.

 

“L’Italia oggi si chiede perché non si riescano a risolvere problemi noti da tempo, su tutti l’enorme disoccupazione giovanile – ha sottolineato Paleari- e io credo che la risposta stia nei numeri dei nostri ricercatori: nel nostro paese ci sono 4 ricercatori ogni 1.000 abitanti occupati. Il confronto con il resto dell’Unione Europea ci vede molto lontani: la Francia ha 9 ricercatori ogni 1.000 occupati, la Germania e il Regno Unito 8, la Spagna 7. Se riuscissimo anche solo a passare da 4 su 1.000 a 5, significherebbe avere nel nostro Paese 20.000 ricercatori in più. Invece negli ultimi quattro anni ne abbiamo persi 10.000, con un taglio del 15% dei fondi. Molti ricercatori sono andati ad arricchire di conoscenze altri Paesi, che proprio noi abbiamo servito su un piatto di argento, dopo aver formato molto bene questi ragazzi. E a perderci è tutto il Paese: risollevare la Costa Concordia è costato 600 milioni di euro, in gran parte fatti di conoscenza e tecnologia ed è proprio su questo che si regge un sistema economico”.

Il Corriere racconta “i giovani che fanno ripartire l’Italia”

I giovani italiani che “fanno ripartire l’Italia”. Under 32 che scelgono di lavorare, nonostante tutto, nel nostro Paese, resistendo alla tentazione diffusa di “fuggire all’estero”. Queste le storie di Clemente De MuroDavide Mardegan e Silvia Pasolini, tutti laureati in Università Cattolica, raccontate dal Corriere della Sera nella rubrica curata da Alessandra Arachi“L’Italia che riparte”.

 

La storia di Clemente e Davide, “collettivo di registi”, come si definisco nel video qui allegato, è già stata raccontata da Cattolicanews e dall’house organ “Presenza”, anche in seguito alla loro partecipazione all’Open day dell’ateneo come testimoni della facoltà di Lettere e Filosofia, dove hanno studiato.E durante gli studi hanno condiviso la comune passione per il cinema, il web e la regia fino a scommettere sulla possibilità di farne un lavoro.

 

 

L’altra protagonista dell’Italia che riparte è Silvia Pasolini, 32enne della provincia di Brescia, che da piccola voleva fare la veterinaria e oggi fa la psicologa del Milan. Dopo la laurea magistrale in Psicologia delle organizzazioni e del marketing a Milano, ha cercato qualcosa che tenesse insieme la sua doppia anima: l’attenzione alle persone propria dell’approccio psicologico e la passione per lo sport. Il master in Sport e management psicosociale le ha aperto a soli 26 anni le porte del settore giovanile del Milan, dove lavora fianco a fianco con i calciatori, i preparatori atletici e gli allenatori. Un lavoro in cui è chiamata a monitorare i problemi che possono sorgere nei ragazzi con cui opera collaborando a formarli a 360 gradi, perché crescano come persone prima che come calciatori.

 

Analisi Coldiretti: il 51% dei giovani pronto ad espatriare

In Italia la maggioranza dei giovani (51 per cento) sotto i 40 anni è pronta ad espatriare per motivi di lavoro, mentre il 64 per cento è disponibile a cambiare città. Questo il dato emerso dalla prima analisi Coldiretti/Swg su “I giovani e la crisi”, presentata all’Assemblea di Giovani Impresa Coldiretti alla vigilia della presentazione del piano giovani del Governo. La disponibilità a lasciare il nostro paese riguarda dunque sia gli studenti (59 per cento) che i disoccupati (53 per cento), ma anche coloro che hanno già un lavoro (47 per cento). Questo perché il 73 per cento dei giovani ritiene che l’Italia non possa offrire un futuro contro il 20 per cento che ha invece una visione positiva, in quanto ritiene che gli italiani abbiano le competenze e creatività per uscire dalla crisi e che il Made in Italy sia simbolo di qualità in tutto il mondo.

 

Un dato, quello scaturito dall’analisi Coldiretti/Swg, in linea con quello emerso dall’indagine “Rapporto Giovani“, secondo cui  quasi il 50% dei giovani (48,9%) è pronto ad andare all’estero per migliorare le proprie opportunità di lavoro. Solo meno del 20% non è disposto a trasferirsi. E i più propensi a muoversi oltre confini sono i giovani del Nord (si sale oltre il 52%) e di sesso maschile (oltre la metà dei maschi contro un terzo delle ragazze).

 

Dall’analisi dell’organizzazione che riunisce gli imprenditori agricoli italiani sono scaturite anche alcune richieste dei giovani al mondo della politica : il 73 per cento dei giovani chiede, infatti, che venga inserito l’obbligo di una quota giovani per le assunzioni in aziende pubbliche e private: una richiesta sostenuta più dalle donne (78 per cento), che dai maschi (68 per cento). Per favorire la “staffetta generazionale” ben l’86 per cento dei giovani chiede inoltre la fissazione di un limite di età per lo svolgimento di incarichi parlamentari, in amministrazioni pubbliche e in aziende pubbliche.

 

Per il 50 per cento dei giovani italiani tale limite dovrebbe essere fissato a non più di 60 anni, ma uno zoccolo duro del 26 per cento chiede addirittura che l’età del “pensionamento” sia fissata a 55 anni per liberare posti di lavoro. Un atteggiamento che tuttavia  non si traduce in una mancanza di fiducia nei confronti degli italiani di età avanzata, tanto che il 37 per cento dei giovani comprerebbe una automobile da una persona di mezza età e il 20 per cento da una persona anziana.

 

 

 

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