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Politica. I giovani bocciano partiti e governo

Fonte Radio Vaticana

 

Nel nuovo capitolo della ricerca “Rapporto Giovani”  circa la fiducia dei giovani nelle istituzioni, il 94% respinge senza appello i partiti. Scarsa la fiducia sul governo italiano e solo un giovane su dieci dà un voto positivo a Camera e Senato. Più consensi per Quirinale e Unione Europea, anche se le percentuali di consenso restano basse. Per i giovani, il Parlamento italiano, con i vincoli di accesso, è uno dei meno aperti alla presenza delle nuove generazioni in Europa. Con l’aggravante di essere un Parlamento di “nominati”, eletti con liste bloccate senza la possibilità di indicare le preferenze. Ne hanno parlato a Radio Vaticana il prof. Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica Sociale all’Università Cattolica di Milano, il vice presidente del Senato Vannino Chiti e il parlamentare del Pdl, Altero Matteoli.

 

(a cura di Luca Collodi)

 

 

Fonte Radio Vaticana

Arrabbiati ma non rassegnati

Dal nuovo capitolo della ricerca Rapporto Giovani, che esamina il rapporto dei giovani con le istituzioni, “traspare più la rabbia che la rassegnazione dei giovani, disposti sempre a mettersi in gioco e a farsi coinvolgere nella costruzione di un Paese più rispondente alle loro aspettative. La bocciatura dei partiti e della politica italiana era nell’aria”. A dirlo è Alessandro Rosina, uno dei docenti dell’Università Cattolica, che collaborano alla ricerca.

Fonte Sir

 

 “È un po’ di tempo che si parla di casta, di partiti lontani dai problemi e più interessati a difendere potere e privilegi. A questo si aggiunga la loro incapacità di creare crescita e benessere e di fronteggiare la crisi al punto che si è dovuto ricorrere ad un governo tecnico – ha aggiunto Rosina”. Tutte queste difficoltà ricadono pesantemente sui giovani che dunque “sono penalizzati nella costruzione del loro progetto di vita e nella loro valorizzazione lavorativa. Per non parlare dell’esclusione dalla classe dirigente del Paese che blocca il ricambio generazionale. I giovani hanno voluto calcare la mano con voti scolastici bassissimi assegnati alla politica per lanciare un chiaro segnale di cambiamento. Vogliono essere inclusi in un processo di crescita del Paese. Sanno di avere capacità e voglia di fare, non sono per nulla rassegnati”. Dal Rapporto emergono “germogli d’impegno futuro ma anche il rischio che, davanti al perdurare di questa situazione, possano nascere conflitti sociali e generazionali. Occorre – e questo spetta alla politica – trovare percorsi virtuosi d’inclusione e di partecipazione attiva. Le possibilità ci sono tutte a patto che le Istituzioni e la politica sappiano ritrovare al loro interno i motivi di un vero impegno e servizio del bene comune. Una politica che pensi in modo lungimirante a un futuro migliore”.

 

Fonte Sir

Giulio Boscagli

“A livello nazionale la famiglia, e in particolare la famiglia giovane, sembra che non interessi”. A dirlo è Giulio Boscagli,già assessore alla Famiglia e Solidarietà Sociale della Regione Lombardia

 

 

 

 

 

L’Intervista

1)La fotografia delle nuove generazioni che emerge dalla ricerca dell’Istituto Toniolo mette nero su bianco le incertezze dei ragazzi che restano legati alla propria famiglia, non perché sono mammoni, ma per difficoltà oggettive inasprite dalla crisi. Dopo un periodo di autonomia, ben il 77 per cento dei maschi (oltre tre su quattro) usciti di casa dopo aver trovato un lavoro o per studio, torna a vivere nella sua famiglia d’origine, percentuale del 70 per cento per le femmine. Come commenta questo dato?

Da un certo punto di vista e con molto realismo dobbiamo dire “meno male che la famiglia c’è”, rimane un approdo importante. E tuttavia sta diventando drammaticamente difficile il percorso di chi si accinge a cercare lavoro. Dobbiamo rivedere in profondità i percorsi di studio sia universitari che di scuola superiore; creare in anticipo possibilità di interazione studio-lavoro. Ma anche spiegare ai giovani che in un momento di crisi diffusa come l’attuale occorre disponibilità ad accettare lavori non previsti dal proprio curriculum di studi e il sacrificio che spesso questo comporta.

2)Il 60 % dei giovani manifesta il desiderio di formare una propria famiglia e, se le condizioni economiche lo permettessero, più del 40% degli intervistati vorrebbero almeno 3 figli, per molti, con stipendi da mille euro al mese, rimane un sogno. Un dato, questo, in controtendenza rispetto al ritratto spesso stereotipato dei giovani che dice dell’inadeguatezza delle politiche familiari nel nostro Paese?

Questo è un dato veramente impressionante! Che manifesta in modo clamoroso l’assenza di una politica organica per la famiglia in Italia. Spendiamo energia a discutere di unioni civili e cose simili perdendo di vista il desiderio profondo dei nostri giovani. A livello nazionale la famiglia, e in particolare la famiglia giovane, sembra che non interessi.

È un atteggiamento più incomprensibile che irresponsabile sul quale dobbiamo tutti fare un esame di coscienza. Per quanto riguarda Regione Lombardia abbiamo provato, per quanto nelle nostre competenze, a occupare lo spazio lasciato vuoto dai governi. Così nel ’99 abbiamo approvato la prima Legge Famiglia d’Italia e oggi abbiamo introdotto il Fattore Famiglia Lombardo, nuovo sistema di calcolo dell’ISEE che tiene conto del reale peso dei carichi familiari, e interventi di conciliazione famiglia-lavoro, coinvolgendo il mondo dell’impresa.

3)L’arrivo a Milano del Santo Padre in occasione dell’incontro mondiale delle famiglie ha puntato l’attenzione di tutto il mondo sull’ importanza della famiglia come cellula della società. Ora, complice anche una crisi che non sembra dare tregua, spenti i riflettori dell’evento, non si corre il rischio che la progettualità annunciata a favore della famiglia e delle giovani coppie venga un po’ messa da parte?

L’indifferenza che citavo prima rende indispensabile un movimento dal basso che ponga nel dibattito politico- siamo a pochi mesi dalle elezioni parlamentari – il termine famiglia in tutta la sua ricchezza e complessità. È, in altri termini, la rivoluzione necessaria di un nuovo welfare comunitario e solidale che renda la famiglia protagonista.

Giovani di belle speranze

Sicuramente hanno fiducia in se stessi e nelle proprie capacità. I giovani credono in sè, nella famiglia, negli educatori, nella scuola. Viene riconosciuta la grande potenzialità del Paese edesiderano uno spazio per loro che al momento non c’è ma che potenzialmente potrebbe a far sì che l’ Italia, proprio partendo dai giovani, possa ripartire. Lo dice Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale all’Università Cattolica, nel servizio di Telenova.

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Altroché bamboccioni, giovani attratti da impresa

Fonte Ansa

I giovani italiani non sono tutti bamboccioni: uno su 3 si sente pronto da subito a fare impresa. Il 33% si dice infatti “molto o abbastanza preparato” a creare un’azienda. Emerge da un’indagine Swg per Legacoop sul pianeta under 35. Non sognano il posto fisso: al 49% piacerebbe avviare un’impresa se solo ne avesse la possibilità. Scuola e università però centrano poco, conta di più la voglia di fare (53%). Troppi i vegliardi in Parlamento e istituzioni: più giovani garantirebbero più meritocrazia ed efficienza.

 Fonte Ansa

 

La generazione dei Neet: giovani che non studiano nè lavorano

Fonte Istat

 

Incidenza dei Neet passa dal 25,3% del 2011 al 26,9% del 2012

Roma, 27 set. Il 46,7% dei giovani italiani sono inattivi e l’incidenza dei Neet (non studiano, non lavorano né si stanno preparando per un impiego) è passata dal 25,3% del 2011 al 26,9% del 2012. A fare il punto sulla situazione dei giovani e il lavoro in Italia è stato il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, durante un’audizione in commissione Bilancio della Camera sulla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza.

“Per i 18-29enni il tasso di disoccupazione ha raggiunto, nel primo semestre di quest’anno, il 24,4%, con una punta del 39,7% per le giovani donne residenti nel Mezzogiorno – ha detto Giovannini -. Su un totale di 7,7 milioni di persone di questa fascia di età, solamente il 40,3% è occupato, il 13% è alla ricerca di un’occupazione, mentre il 46,7% è inattivo; in sei casi su dieci questo ultimo gruppo è composto da studenti, e circa un quinto appartiene all’area dell’inattività più contigua alla disoccupazione”.

“In questo quadro si osserva anche un’ulteriore crescita dei giovani Neet (Not in education, employment or training) 18-29enni, la cui incidenza passa dal 25,3% del 2011 al 26,9% del 2012. I giovani che non lavorano e non frequentano alcun corso di istruzione o formazione sono 2.071.000 unità, 103.000 in più rispetto al primo semestre del 2011”.

 

Fonte Istat

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