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Essere giovani al tempo della pandemia. Indagine tra gli under 35

L’indagine “Essere giovani al tempo della pandemia“, condotta da Ipsos e promossa dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, è stata realizzata nel pieno della fase 1 dell’emergenza sanitaria, ovvero quella in cui l’andamento della diffusione, secondo i dati ufficiali, stava raggiungendo il picco.

La ricerca è stata fatta su un campione casuale rappresentativo dei cittadini dai 18 ai 34 anni residenti sul territorio nazionale secondo genere, età, livello di scolarità, condizione lavorativa e area geografica di residenza. Sono state realizzate 2.000 interviste (su un totale di 4.116 contatti), mediante sistema CAWI, tra il 27 e il 31 marzo 2020.

I dati evidenziano una grande consapevolezza da parte dei giovani (dai 20 ai 34 anni) del momento difficile che sta attraversando l’Italia e della necessità delle misure drastiche adottate. Sulle ricadute di tali misure c’è forte preoccupazione sia per i costi che determinano sul Paese, sia sul proprio percorso formativi e professionale.

“Ma emerge” – come sottolinea Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’indagine, – “anche una grande voglia di reagire positivamente, di guardare oltre la normalità e quotidianità passata (in cui molte cose si davano per scontate), di pensare in modo diverso (e positivo) a se stessi e alle proprie capacità, di riscoperta di valore delle vita e delle relazioni, ma anche un atteggiamento aperto verso il cambiamento e alle opportunità che si possono aprire (pur tra complessità e insidie). Questa energia positiva va sostenuta, incoraggiata e valorizzata, in modo che diventi la spinta principale su cui può contare il Paese per ripartire, non solo superando l’emergenza ma mettendo le basi di un nuovo percorso di sviluppo”.

Qui il comunicato stampa sull’indagine.

* Immagine di Freepik

Una chiamata collettiva va favorita con strumenti digitali

NON SI TRATTA SOLO DI MASCHERINE, MA ANCHE DI IDEE, COMPETENZE TECNOLOGICHE E ANALISI DEI DATI. E’ ORA DELL’OPERAZIONE “DYNAMO”.

Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, riflette sulla quotidianità ai tempi dell’emergenza sanitaria nazionale e sui possibili scenari socio culturali, economici e comportamentali.

“La storia ci dice che nei momenti di maggior difficoltà è possibile una reazione che volge a proprio favore l’esito finale. Un esempio è quanto accaduto nella Seconda guerra mondiale con l’operazione Dynamo che consentì, nella fase di maggior successo dell’esercito nemico, di mettere in salvo le forze Alleate bloccate a Dunkerque. Dobbiamo oggi trovare lo stesso spirito nella guerra contro il Covid-19. Abbiamo bisogno di tutto un paese che si senta al fronte, non passivamente chiuso nelle proprie case in attesa ansiogena che arrivino buone notizie dai campi di battaglia. Consentendo, in particolare, a chi opera direttamente a contatto con il virus di avere il supporto necessario e dotarsi di un equipaggiamento adeguato”.

“Il decreto Cura Italia, ha previsto modalità e incentivi “per sostenere le aziende italiane che vogliono ampliare o riconvertire la propria attività per produrre ventilatori, mascherine, occhiali, camici e tute di sicurezza”. L’operazione “Dynamo” mostra che per avere successo e diventare una vera svolta (oggettiva e psicologica) è importante favorire una partecipazione diffusa dal basso, in modo che tutti coloro che possono concretamente dare un contributo a tale produzione possano farlo. Non solo i grandi marchi o le aziende più esperte a gestire l’iter burocratico richiesto, ma soprattutto con incentivi e supporto alle piccole imprese offrendo opportunità effettive di riconvertirsi (con indicazioni chiare sui requisiti da soddisfare e possibilità di accesso al materiale necessario) promuovendo un contributo diffuso alla produzione complessiva.
E’ su questo fronte che dobbiamo fare il vero salto di qualità”.

Qui l’articolo completo su Il Foglio (2 aprile 2020)

Se la teledidattica ci interroga sul nostro insegnamento

Tutti noi (forse è meglio dire quasi tutti) che siamo impegnati nell’insegnamento siamo alle prese con un vero ribaltamento delle nostre abitudini e delle nostre sicurezze. Impieghiamo il nostro tempo a preparare video lezione, a sistemare il materiale, a cercarne altro, a incontrare gli studenti online. Non lo nascondiamo, ci manca l’aula, ci manca il contatto, la possibilità di guardare negli occhi, di cogliere nello sguardo la comprensione e l’incomprensione; di assaporare la gioia del capire e l’interesse del ricercare, che si intrecciano con la noia e il disinteresse.

Pierpaolo Triani, psicologo e docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, rifilette sul senso dell’insegnamento in modalità e-learning.

Qui l’articolo completo (CattolicaNews, 18 marzo 2020)

Coronavirus, effetti pesanti sulla mortalità e natalità

“Da quando è cominciata l’emergenza del coronavirus, sono cresciute la fiducia nella scienza e l’attenzione ai dati. La voce degli esperti ha conquistato la scena nel dibattito pubblico e i numeri che essi forniscono sono diventati le coordinate essenziali comuni per capire la gravità della situazione, aiutandoci ad evitare sia la sottovalutazione sia l’allarmismo”.

Alessandro Rosina, membro dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, riflette sull’impatto demografico causato dalla diffusione del coronavirus.

“L’impatto demografico non si ferma però alla mortalità. Ci si può attendere una riduzione sensibile anche della fecondità, già molto bassa in Italia. I fattori frenanti sono l’aumento delle difficoltà economiche, il rallentamento per i giovani dell’accesso al lavoro, la posticipazione delle scelte di autonomia e formazione di una propria famiglia, l’incertezza sul dopo. Possibili effetti positivi si possono invece avere per una parte delle coppie già formate, in buone condizioni economiche, che si trovano con più tempo da trascorrere assieme”

Qui la riflessione completa (Avvenire, 17 marzo 2020)

La tecnologia a servizio del lavoro ai tempi del Coronavirus

«Nel giro di pochi giorni nelle scuole di ogni ordine e grado sono state attivate piattaforme di e-learning, lezioni a distanza, esami, e lauree in videoconferenza», spiega Claudio Lucifora, docente di Labor Economics all’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Il mondo del lavoro sta cambiando a seguito degli effetti del Coronavirus. Le misure recenti approvate dall’ultimo decreto del presidente del Consiglio che impongono di restare a casa per contenere la diffusione del contagio stanno rivoluzionando le modalità di lavorare in tutti i settori: dalle scuole alle università, passando per alcune delle principali aziende pubbliche e private attive nel territorio nazionale.

«Le imprese tecnologicamente più avanzate hanno attivato per i loro dipendenti modalità di lavoro in remoto, riunioni in teleconferenza, piattaforme collaborative per gestire progetti complessi in team di lavoro. Tutto questo è successo in poche settimane mettendo a frutto il lavoro e le esperienze accumulate nel tempo». Insomma, il mondo produttivo e il mercato del lavoro non si sono fermati. «Certo non tutto si può fare a distanza e gli effetti delle misure di contenimento sulle attività produttive alla fine si faranno sentire. Ma il peggio almeno in parte è stato evitato», continua il docente dell’Università Cattolica, tra i massimi studiosi del mercato del lavoro e consigliere esperto del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel).

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Cari studenti, discutiamo di virus e comunicazione

ln questi giorni di lezioni sospese causa coronavirus, il professor Fausto Colombo, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, scrive attraverso il suo blog agli allievi dei suoi corsi, proponendo una riflessione e aprendo un dialogo su come gestire questa fase di emergenza.

Care studentesse, cari studenti,

in molti anni di insegnamento, e ancora più di vita, questa è la prima volta che mi accade una situazione del genere: l’università (saggiamente) ha sospeso le lezioni. Mi sento sospeso anch’io, come in un limbo in cui si lavora ma in condizioni strane, fra chiostri deserti e uffici poco popolati. Cerco di vivere come al solito, ma come si può farlo in città e paesi fantasmatizzati e un po’ alieni, muovendomi come in un immaginario post-catastrofico (anche se la catastrofe non c’è ancora e speriamo non arrivi nemmeno).

Appunto, so come vivo io, ma non so come vivete voi questo momento, chi è appena entrato in università e chi invece magari pensa già alla tesi. Siete preoccupati? Vi state godendo l’inaspettata vacanza? Chi lo sa.

Qui la lettera completa.

Calo della natalità in Italia

I dati dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo mostrano che ancora oggi due ragazzi su tre considerano diventare genitori come un dimensione fondamentale della propria realizzazione, ma lo scenario attuale non è certamente rassicurante.

Secondo i dati appena resi noti dall’Istat, nel 2019 in Italia il numero delle nascite zero è stato pari a circa 435.000, meno della metà rispetto ai nati del 1974 e minimo storico dall’Unità d’Italia. Con un’ulteriore flessione del tasso di fecondità (1,29 figli per donna, fanalino di coda in Europa) e i tanti giovani che lasciano il Paese (in 10 anni abbiamo perso 250.000 giovani), da cinque anni l’Italia segna un bilancio demografico negativo.

Il prof. Mauro Magatti, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sottolinea come “avere figli non è solo un atto privato, che riguarda chi decide di darlo, ma è una decisione che ha rilievo di interesse generale: è un contributo allo sviluppo della società italiana nella prospettiva della sostenibilità integrale di lungo periodo. In Italia manca una strategia di sostegno alle famiglie e resta tuttora irrisolta la questione femminile, tanto più se si tiene conto che il livello di studio delle ragazze è oggi superiore a quello dei ragazzi. Se non si affronta e si risolve la questione femminile, non sarà possibile nessun rilancio, né economico né demografico” (Fonte: Corriere della Sera, 12 febbraio 2020).

La conseguenze principale del calo delle nascite non è tanto la riduzione della popolazione complessiva, ma il profondo squilibrio sulla composizione per età. Come mostra un recente report del Laboratorio Futuro dell’Istituto Toniolo, la diminuzione delle nascite ha infatti ridotto prima la presenza di bambini, poi di giovani e ora sempre di più la popolazione nelle età centrali adulte, con conseguenze inesorabili della forza lavoro. Dal punto di vista demografico, nel nostro paese gli attuali 30-34enni sono 1,2 milioni in meno rispetto agli attuali 40-44enni (i primi sono poco sotto i 3,5 milioni contro circa 4,7 milioni dei secondi), mentre in termini di partecipazione lavorativa, il tasso di occupazione degli attuali 30-34enni è sensibilmente inferiore sia rispetto al tasso occupazionale dei coetanei europei (67,9% contro 79,1% Eu-28), sia al tasso occupazione che avevano i 30-34enni di dieci anni fa (gli attuali 40-44enni) pari a 74,8%.

“Quello che complica il futuro dell’Italia come persistente denatalità è avere più degli altri Paesi fortemente indebolito la popolazione giovanile, quella a cui è affidata nei prossimi decenni la crescita economica e la sostenibilità del sistema welfare. In combinazione con il debito pubblico, il rischio è quello di mettere il futuro in un vicolo cieco”, aggiunge Alessandro Rosina, docente dell’Università Cattolica e membro dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo (Fonte: L’Eco di Bergamo, 13 febbraio 2020).

7×1: la natalità

7×1, il programma del’Istituto Toniolo che in sette minuti incontra una personalità che racconta una novità in onda il sabato alle 18.40 e in replica domenica alle 13.00 su Radio Marconi.

Ospite la prof.ssa Giulia Rivellini, ordinario di Statistica sociale presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, per parlare del calo delle nascite in Italia, come evidenziano gli ultimi dati pubblicati dall’Istat, secondo i quali per ogni cento residenti che muoiono nel nostro paese ne nascono solo sessantasette.

Ascolta qui la puntata integrale!

Patto educativo globale: il convegno in Università Cattolica

An aerial view of a multi ethnic group of children learn about going green and color in environmentally friendly concepts surrounding a drawing of Earth.

A causa dell’emergenza nazionale nata dalla diffusione del coronavirus (covid19), l’evento Global Compact on Education è stato ANNULLATO

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L’Università Cattolica è fra i promotori del «Global Compact on Education», l’alleanza attorno a cui Papa Francesco intende riunire quanti hanno a cuore l’educazione delle giovani generazioni.

Il prossimo 14 maggio 2020, Papa Francesco ha invitato in Vaticano i leader delle principali religioni, gli esponenti degli organismi internazionali e delle diverse istituzioni umanitarie, del mondo accademico, economico, politico e culturale. Insieme, in rappresentanza degli abitanti della Terra, sottoscriveranno il «Global Compact on Education», un patto educativo globale, che ciascuno si impegnerà ad attuare nel proprio ambito e diffondere il più possibile.

In preparazione all’evento, l’Università Cattolica organizzerà nella sede di Brescia, venerdì 13 marzo, un convegno internazionale che avrà per tema “Le sfide educative per la cooperazione internazionale” (programma ed iscrizione online), promosso insieme alla Congregazione per l’Educazione Cattolica.

L’impegno verso l’educazione delle giovani generazioni e alla solidarietà è da sempre prioritario anche per l’Università Cattolica. Due anni fa è stata istituita la Cattedra Unesco in “Education for Human Development and Solidarity Among Peoples” a riprova dell’attenzione che l’Ateneo ha dimostrato in questi primi cent’anni di vita.

Intervento del professor Domenico Simeone, Ordinario di Pedagogia Generale Università Cattolica, componente del Comitato scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo:

7×1: l’odio sul web

7×1, il programma del’Istituto Toniolo che in sette minuti incontra una personalità che racconta una novità in onda il sabato alle 18.40 e in replica domenica alle 13.00 su Radio Marconi.

Ospite il professor Stefano Pasta, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e membro del centro di ricerca CREMIT, per parlare dell’odio presente sulla rete, che sfocia spesso in fenomeni di violenza, razzismo e cyber bullismo. L’occasione ci è data dalla pubblicazione del libro del professore, dal titoloRazzismi 2.0: analisi socio-educativa dell’odio online”, dove ci si domanda quale siano le caratteristiche dell’ambiente digitale che facilitano la diffusione dell’odio e come cambiano i contenuti e le forme dell’odio online.

Ascolta qui la puntata integrale!

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