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Laboratorio Futuro. L’Italia nei prossimi dieci anni

Come sarà l’Italia tra dieci anni? Come affrontare i grandi cambiamenti sociali? Per rispondere a queste domande nasce Laboratorio Futuro, il nuovo progetto di ricerca dell’Istituto Toniolo.

Conoscere il domani consente di agire meglio oggi, di compiere scelte adeguate, di orientare i processi anziché subirli. Con Laboratorio Futuro si allarga e consolida la partnership del Toniolo con Ipsos, già da tempo operante nella realizzazione dell’Osservatorio Giovani.

Le ricerche, condotte sulla base di dati inediti e originali, intendono fornire un contributo alla riflessione pubblica, agli opinion makers, alla società civile, alle istituzioni, alla Chiesa: Laboratorio Futuro si colloca così come uno strumento autorevole e innovativo per individuare percorsi di crescita e elaborare scelte strategiche. 

La prima  ricerca, denominata “Un buco nero nella forza lavoro”, a cura di Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, e Mirko Altimari, docente di Diritto del Lavoro della Facoltà di Economia dell’Università Cattolica, è presentata sul nuovo sito www.laboratoriofuturo.it, che rende via via disponibile l’attività del Laboratorio.

Il tema affrontato in questa prima ricerca è al centro del seminario dell’Arel in programma mercoledì 16 ottobre con il titolo “La questione demografica”.

Qui il comunicato stampa con tutti i dettagli.

Qui una sintesi della prima indagine.

Per info: www.laboratoriofuturo.it info@laboratoriofuturo.it

7×1: il desiderio di genitorialità tra i giovani

7×1, il programma del’Istituto Toniolo che in sette minuti incontra una personalità che racconta una novità in onda il sabato alle 18.40 e in replica domenica alle 13.00 su Radio Marconi.

Ospite della puntata Alessandro Rosina, docente di demografia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, per parlare di natalità e del desiderio di genitorialità tra i giovani italiani.

In Italia la maggior parte dei giovani vorrebbe avere due figli, ma questo desiderio spesso non si traduce in realtà: se non ci sono le condizioni adatte da un punto di vista socioculturale, questo progetto di vita viene a mancare. Spesso avere un figlio è considerato un costo individuale, piuttosto che un valore sociale, il quale, una volta realizzato, consente di costruire un futuro solido per tutto il paese.

In altri paesi europei, come la Francia o i paesi del Nord Europa, gli investimenti pubblici sono molto più solidi: ciò ha in sé un forte valore culturale, perchè l’arrivo di un figlio diventa un impegno di tutta la comunità. Le famiglie hanno aiuti economici, servizi efficienti e un clima culturale positivo attorno a tale scelta. In Italia, invece, c’è comunque un contesto in cui la scelta di avere un figlio non è riconosciuta come un valore culturale collettivo.

Ascolta qui la puntata integrale!

Perché i giovani italiani non studiano informatica?

I dati di molte ricerche mostrano come, anche nelle nuove generazioni, ragazzi e ragazzi tendano a differenziarsi nelle scelte formative e nei percorsi professionali. Mentre, infatti, le giovani donne raggiungono in media titoli di studio più elevati rispetto ai coetanei maschi, più debole risulta la formazione nelle discipline più promettenti per il lavoro di oggi e di domani. Vivace, in particolare, è il dibattito pubblico sull’importanza di un maggior orientamento verso le materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).

I dati dell’indagine evidenziano come, soprattutto nel campo delle ICT (Information and Communication Technology), sia i ragazzi sia le ragazze tendano a credere che i primi abbiano maggiore predisposizione e capacità di apprendimento rispetto alle seconde.

Emerge, infatti, che nelle materie informatiche i maschi sono considerati più bravi delle femmine dal 38,8% degli uomini e dal 29,2% delle donne. Al contrario, le donne sono considerate più brave degli uomini solo dal 5,7% delle femmine e dal 7,3% dei maschi.

I dati analizzati derivano da un’indagine realizzata dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo in collaborazione con Repubblica degli stagisti e Spindox condotta da Ipsos dall’11 al 23 novembre 2019 su un campione di 2000 giovani, rappresentativo della fascia di età 20-34 anni. Le analisi dei dati sono state svolte dal Laboratorio di Statistica applicata dell’Università Cattolica.

Qui la locandina dell’evento sulla presentazione della ricerca.

Qui il comunicato stampa.

Qui le slide di presentazione della ricerca.

I risultati dell’indagine saranno presentati a Roma il 3 febbraio 2020 presso la Camera dei Deputati. Qui la locandina dell’evento. Per partecipare inviare un’email a redazione@repubblicadeglistagisti.it entro il 1 febbraio.

7×1: l’occupazione giovanile in ambito informatico

7×1, il programma del’Istituto Toniolo che in sette minuti incontra una personalità che racconta una novità in onda il sabato alle 18.40 e in replica domenica alle 13.00 su Radio Marconi.

Ospite della puntata Eleonora Voltolina, giornalista e direttrice de La Repubblica degli Stagisti, per parlare del mercato del lavoro, in particolare dell’occupazione giovanile in ambito informatico.

La Repubblica degli Stagisti è la prima testata giornalistica online dedicata interamente all’occupazione giovanile: qui i giovani possono trovare informazioni dettagliate su tutto il mercato del lavoro. Contemporaneamente, svolge attività di advocacy verso il mondo della politica, delle imprese, del sindacato e dell’università.

Dalla ricerca condotta dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, emergono oggi alcune ragioni per cui i giovani italiani studiano molto poco l’informatica, nonostante sia un settore molto richiesto dal mercato del lavoro: oltre il 40% dei giovani tra i 20 e i 34 anni ritiene che l’informatica è una materia più affine agli uomini rispetto alle donne. C’è già, quindi, un forte ostacolo di genere, ed oltre il 30% dei giovani non è consapevole delle opportunità lavorative che il settore dell’informatica offre. É fondamentale lavorare, dunque, sull’orientamento nelle scuole e nelle università, ed abbattere anche lo stereotipo di genere.

Ascolta qui la puntata integrale!

7×1: la startup Argeo

7×1, il programma del’Istituto Toniolo che in sette minuti incontra una personalità che racconta una novità in onda il sabato alle 18.40 e in replica domenica alle 13.00 su Radio Marconi.

Ospite della puntata Giovanni Spiller, cofondatore e responsabile marketing di Argeo, un startup innovativa vincitrice di vari premi internazionali.

Argeo è una applicazione gratuita che permette di cercare, trovare e “catturare” prodotti in realtà aumentata, geolocalizzati nelle strade della città in cui vivi, e di poterli riscattare fisicamente nei punti vendita e store abilitati. Grazie ad Argeo, si puo’ vivere un’esperienza che da virtuale diventa fisica e reale.

Ascolta qui la puntata integrale!

Rapporto Cinema 2019

La Fondazione Ente dello Spettacolo è lieta di invitarla alla presentazione del volume “Rapporto Cinema 2019. L’anno Zeta dell’audiovisivo”  in programma venerdì 13 dicembre, alle ore 11.30, presso la Casa del Cinema (Largo Marcello Mastroianni, 1 – Roma).

Realizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo in collaborazione con l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo e l’Università Cattolica del Sacro Cuore, il Rapporto Cinema, giunto alla decima edizione, nella prima parte a cura di Mariagrazia Fanchi, Fabio Introini, Alessandro Rosina e Francesco Toniolo offre una disamina approfondita sui trend di consumo della Generazione Z, la prima vera generazione nativo-digitale.

La ricerca, condotta dall’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo e dal Dipartimento di Scienze della Comunicazione e dello Spettacolo – Sezione Cinema dell’Università Cattolica del Sacro Cuore su un campione di ragazzi e ragazze fra i 10 e i 19 anni, offre una ricostruzione delle abitudini di fruizione dei più giovani, con particolare riferimento sia all’intreccio fra cinema e dinamiche relazionali interne alla famiglia,  sia all’influenza delle pratiche di fruizione cinematografica sui processi identitari, gli immaginari e le relazioni sociali.

La seconda parte del volume raccoglie gli interventi di giornalisti, critici cinematografici, professionisti ed esperti di comunicazione presentati in occasione del Seminario Il futuro della comunicazione del cinema in Italia: problemi e prospettive, organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo. Un dibattito vivace e ricco di spunti sui cambiamenti di scenario che stanno avvenendo nel panorama della comunicazione e dei prodotti audiovisivi, determinati dalle nuove dinamiche di produzione, distribuzione e fruizione cinematografica.

Intervengono:

Mons. Davide Milani Presidente Fondazione Ente dello Spettacolo

Francesco Rutelli Presidente ANICA

Mons. Stefano Russo Segretario Generale CEI

Francesco Toniolo Docente di Linguaggi e Semiotica dei Prodotti Mediali Università Cattolica del Sacro Cuore

Maria Francesca Piredda Direttore didattico Master in Management dell’Immagine, del Cinema e dell’Audiovisivo (Master dell’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo) – Università Cattolica del Sacro Cuore

Modera: Gianni Riotta, Editorialista «La Stampa»

Scarica qui la presentazione del Rapporto Cinema 2019.

Italia: il Paese senza figli

Non averne è considerato un limite per la realizzazione personale dal oltre l’80% del giovani. La solo il 52,7% si aspetta di riuscire ad averne di due o più

È progressivamente aumentata, più in Italia che nel resto d’Europa, l’accettazione della possibilità di non avere figli o averne solo uno.

I dati dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo

L’ITALIA È IL PAESE CHE PIU’ CONTRIBUISCE ALLE BASSE NASCITE IN EUROPA 

L’Italia presenta livelli analoghi al resto d’Europa sui desideri e le preferenze riguardo al numero di figli (in media attorno a 2), ma si ritrova con il più basso numero effettivamente realizzato: sceso negli ultimi anni sotto 1,3, contro una media europea vicina a 1,6, mentre il valore più alto è quello francese pari a 1,9.

Il valore attuale italiano risulta anche sotto il livello previsto dall’Istat all’inizio di questo decennio (proiezioni con base 2011), che avrebbe dovuto essere nel 2018 pari a 1,45 nello scenario mediano e comunque non sotto 1,4 nello scenario peggiore (mentre, appunto, in realtà è sceso sotto l’1,35). 

L’Italia si ritrova con un numero medio di figli per donna ai livelli più bassi in Europa, ma presenta anche (come esito della denatalità passata) una maggior riduzione delle stesse donne in età riproduttiva. La combinazione di questi due aspetti porta a un crollo accentuato delle nascite.

Se si confrontano i grandi paesi europei, si nota come negli ultimi cinque anni le nascitesiano rimaste pressoché costanti nel complesso dell’Unione europea. Sono, invece, sensibilmente aumentate in Germania (paese che sta risollevando la sua natalità dai livelli bassi del passato), mentre Francia e Regno Unito mostrano una perdita moderata ma partendo da livelli elevati di natalità. 

Italia e Spagna, invece, si trovano sia su bassi livelli di natalità ma anche in fase di ulteriore contrazione. La riduzione maggiore è comunque quella del nostro paese che risulta essere quello che in valore assoluto sta contribuendo maggiormente al calo delle nascite in Europa.Nel 2018, l’ultimo anno completo a disposizione, le fonti Istat registrano meno di 440 mila nascite, una riduzione pari a oltre 74 mila bambini dal 2013. 

AVERE UN FIGLIO IN ITALIA: UN DESIDERIO CHE RIMANE DEBOLE SE NON INCORAGGIATO 

Se il 2018 si conferma l’anno peggiore sulle nascite italiane sia nei confronti della storia passata del paese sia rispetto al quadro europeo, indicazioni interessanti sull’atteggiamento verso la scelta di avere un figlio derivano dai dati inediti di un’indagine internazionale promossa a luglio dello stesso anno dall’ Osservatorio dell’Istituto Toniolo (su giovani tra i 20 e i 34 anni) ed elaborati in ottica comparativa. 

I dati evidenziano che solo una stretta minoranza (il 17,8%) dei giovani intervistati non considera per nulla l’arrivo di un figlio come un traguardo positivo nella propria vita e la propria realizzazione come persona. È, però, interessante osservare che tale dato scende al 13.2% tra i laureati, mentre risulta pari a 16,9% per chi ha concluso le superiori, e sale ben al 21,7% per chi ha titolo più basso

Questo suggerisce il fatto che la disponibilità ad accettare la rinuncia ad avere figli è legata anche alle risorse socioculturali ed alla difficoltà di inserire la maternità e la paternità in un percorso positivo di proprio sviluppo personale. I giovani in condizioni più svantaggiate, in un contesto di bassa mobilità sociale, si trovano quindi schiacciati in un presente con basse prospettive che porta non solo a ridurre gli obiettivi raggiungibili ma anche il valore assegnato ad essi (minimizzando così il costo psicologico del non raggiungerli).

Proiettandosi nel futuro, a 45 anni, il 21,9% dei giovani pensa che non avrà figli, ma il dato è pari al 16,5% per chi ha titolo di studio alto e sale a ben il 29,6% per chi si è fermato alla scuola dell’obbligo. “Non è tanto il primo valore a essere particolarmente confortante – secondo Alessandro Rosina, demografo e coordinatore scientifico dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, ma il secondo ad essere particolarmente negativo. Come se i primi (laureati) si sentissero nelle condizioni di poter scegliere o meno, mentre per i secondi (i meno istruiti) si stia consolidando sempre più la convinzione di dover accettare già in partenza la rinuncia».

Quanti figli pensi avrai a 45 anni?

 TuttiUominiDonne
Nessuno21,9%23,9%20,0%
Uno25,4%28,3%22,4%
Due46,6%42,1%51,1%
Tre o più6,1%5,7%6,5%

Fonte: Osservatorio Giovani Istituto Toniolo 

Valore personale attribuito all’avere figli. Percentuale di chi ha risposto da 6 in su (in scala da 1 a 10 in base al grado crescente di importanza). Dati italiani

Genere%
Donne55,3
Uomini52,1
  
Titolo di studio
Laurea59,8
Diploma 4-5 anni57,2
Titolo più basso44,9

Fonte: Osservatorio Giovani Istituto Toniolo 

UN CONFRONTO CON GLI ALTRI PAESI SUL VALORE DELLA SCELTA DI AVERE FIGLI

Il confronto con Francia e Germania è di particolare utilità. La Francia è il paese che mantiene la più alta propensione ad avere figli in Europa, mentre la Germania, pur con bassa propensione è il paese che ha visto una maggior crescita delle nascite a seguito di un potenziamento delle politiche familiari.

Alla richiesta di indicare il numero di figli che si pensa si arriverà ad avere a 45 anni, risulta più bassa per i giovani francesi la convinzione di dover rinunciare del tutto o accontentarsi di averne solo uno. La Germania presenta il valore più elevato di chi si immagina senza figli (24,8% rispetto al 21,9% dell’Italia e al 19,7% della Francia). Mentre l’Italia presenta il valore più alto di chi pensa di fermarsi ad un solo figlio(25,4%, contro il 20,3% della Germania e il 18,2% della Francia).Se però si passa a considerare il valore assegnato a tale scelta il quadro diventa più articolato.

Ad assegnare una elevata importanza dell’avere figli per una realizzazione personale è il 29% dei giovani italiani, seguiti dal 26,2% dei tedeschi e 25,2% dei francesi. I francesi recuperano però su chi assegna una importanza medio-elevata e contenendo la quota di chi assegna una importanza bassa (18,0% contro il 25,4% della Germania e il 26,3% dell’Italia).

Questo significa che la Francia si trova ad avere una fecondità più elevata e un numero di giovani con visione più positiva sul numero di figli che avrà in futuro, non perché sia più forte il desiderio di averne, ma perché esiste un consolidato clima culturale a favore delle nascite come bene collettivo, che risulta protettivo rispetto alla rinuncia netta della scelta di avere figli. Inoltre, il coerente impegno tradizionale a sostegno della natalità rafforza la possibilità di trasformare anche i desideri tiepidi in progetti da realizzare.

La Germania ha tradizionalmente una maggiore quota di convinti childfree (persone non interessate ad avere figli), ma l’impegno degli ultimi anni sul rilancio delle politiche familiari tende a favorire le scelte riproduttive anche di chi ha un atteggiamento moderatamente positivo. 

La fecondità italiana – in carenza sia di un clima culturale favorevole, sia di politiche tradizionalmente solide e continue, sia di segnali chiari di investimento su misure efficaci – maggiormente che negli altri paesi avanzati fa affidamento a chi assegna un forte valore personale a tale scelta.

I fortemente motivati sono comunque una parte minoritaria della popolazione. Una percentuale rilevante, soprattutto tra i giovani con percorsi formativo-lavorativi più fragili, posiziona su livello molto basso il valore come realizzazione personale di tale scelta. Inoltre, chi ha posizioni intermedie (come valore e motivazioni) tende più facilmente a scivolare verso la rinuncia che verso la piena realizzazione, in particolare fermandosi al figlio unico.

Numero di figli che ci si aspetta di avere a 45 anni. Confronto con Francia e Germania

 FranciaGermaniaItalia
Nessuno19,7%24,8%21,9%
Uno18,2%20,3%25,4%
Due43,5%43,4%46,6%
Tre15,6%9,1%5,2%
Più di tre3,1%2,4%0,9

Fonte: Osservatorio Giovani Istituto Toniolo

«La scelta di avere un figlio seppur desiderata dalla grande maggioranza delle persone, anche tra le nuove generazioni, è comunque in larga parte non data per scontata – ha commentato Alessandro Rosina, coordinatore scientifico della ricerca -.  Nonostante la preferenza sul numero di figli sia vicina a due, è progressivamente aumentata, più in Italia che nel resto d’Europa, l’accettazione della possibilità di non averne o averne solo uno.  Inoltre, tale scelta è sempre più condizionata alle prospettive lavorative. Non tanto perché la realizzazione professionale in sé è considerata più importante, ma soprattutto perché la scelta di mettere al mondo un figlio la si vuole legare a effettive condizioni di benessere familiari presenti e di contesto sociale favorevole alla sua crescita futura. In assenza di politiche adeguate che diano un segnale forte e avviino un processo coerente di miglioramento delle prospettive occupazionali delle nuove generazioni e di potenziamento dei servizi di conciliazione tra lavoro e famiglia, il rischio è che la scelta di avere un figlio rimanga sempre più limitata a chi ha proprie motivazioni forti e appartiene alle classi sociali più benestanti”.

In un contesto sociale di bassa mobilità sociale e di incertezza nei confronti della crescita del paese, i dati presentati mostrano come soprattutto i giovani che appartengono alle classi sociali più basse tendano a mettere sempre più in conto la rinuncia ad avere figli e a ridurre il valore assegnato a tale scelta.


7×1: la figura di Giulio Pastore

7×1, il programma del’Istituto Toniolo che in sette minuti incontra una personalità che racconta una novità in onda il sabato alle 18.40 e in replica domenica alle 13.00 su Radio Marconi.

Ospite della puntata il professor Aldo Carera, docente di Storia economica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, direttore dell’Archivio Mario Romani e presidente della Fondazione Giulio Pastore, per riscoprire una figura molto importante del recente passato italiano, della politica del lavoro e della storia sindacale, quella di Giulio Pastore.

Quest’anno ricorrono i cinquant’anni dalla scomparsa di Giulio Pastore, al quale è stato dedicato un convegno in Università Cattolica. É una figura che non ha mai avuto un forte peso e una grande visibilità nei manuali di storia, forse perchè era una persona che credeva molto nell’azione sociale. Il nostro è un Paese dove prevale tendenzialmente l’azione politica ed essere proiettati nel sociale significa un po’ mettersi ai margini della storia italiana, più interessata ai fenomeni della politica.

Oggi il pensiero di Giulio Pastore è ancora attuale: egli aveva ben chiaro che l’Italia, essendo un paese arretrato da un punto di vista economico, doveva porsi in una prospettiva completamente nuova, dove il ruolo del sindacato risultava essere fondamentale.

Ascolta qui la puntata integrale!

L’opinione dei giovani sul nuovo governo

I dati sulla condizione dei giovani in Italia continuano ad essere sconfortanti, con indicatori tra i peggiori in Europa su dispersione scolastica, livelli di occupazione, rischio di povertà, saldo negativo verso l’estero. All’uscita dagli anni peggiori della crisi economica non ha corrisposto l’avvio di un solido processo di crescita con al centro la promozione di un ruolo attivo e qualificato delle nuove generazioni.

Il Governo giallo-verde su questo fronte non si è distinto in modo particolare. Reddito di cittadinanza e Quota 100, in particolare, nonostante le risorse investite, sono apparse agire più in logica assistenziale che come strumenti di welfare attivo in grado di agevolare l’accesso al lavoro delle nuove generazioni.

La disillusione dei giovani verso la politica continua ad essere elevata, ai limiti della disaffezione. Sul giudizio ai governi e sul gradimento verso i vari partiti l’atteggiamento rimane molto pragmatico, con solo una minoranza di fortemente schierati. La maggioranza guarda con curiosità più che con vero interesse le offerte che tentano di intercettare scontento e malessere giovanile, in attesa di farsi davvero convincere da fatti concreti.

Secondo i dati dell’indagine dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo il 41,9% dei residenti tra i 20 e i 34 anni assegna un voto di sufficienza all’esperienza del governo a trazione leghista e solo il 13,3% attribuisce un giudizio decisamente positivo (voto 8 e oltre).

Il Governo attuale presenta un forte continuità con quello precedente, avendo mantenuto lo stesso Presidente del Consiglio e il consistente sostegno pentastellato. A partire dal discorso alla Camera il giorno della fiducia il premier Giuseppe Conte ha messo in varie occasioni in primo piano la necessità di riattivare la “speranza dei giovani” attraverso un concreto miglioramento delle loro opportunità. La discussione sulla legge di Bilancio non ha però evidenziato una vera svolta. Non emerge un chiaro progetto in grado di mettere le basi di un riposizionamento delle nuove generazioni nei processi di crescita del Paese. Gli intervistati riconoscono, in ogni caso, la necessità di misure a sostegno immediato della crescita economica (considerata l’urgenza maggiore dal 32,7%, seguita da specifici investimenti sull’occupazione giovanile, 12,1%, e più sotto il taglio dei parlamentari, 11,3%).

L’atteggiamento rimane quindi tiepido anche se leggermente più favorevole rispetto al primo governo Conte. A dare complessivamente un voto sufficiente è il 44,4%, ma con oltre la metà che esprime un giudizio tra il 5 e l’8. Questi dati ci dicono, insomma, che la maggioranza non è ostile all’attutale Governo, ma è in attesa di segnali più chiari prima di sbilanciarsi di più, in un senso o nell’altro. 

Alla domanda esplicita di confronto tra i due governi, il 30,8% si sente più in sintonia con il Conte bis rispetto al precedente, contro il 29,1% di opinione contraria. Il resto degli intervistati non si sente particolarmente vicino a nessuno dei due. E’ il ritratto di un elettorato ancora tutto da convincere e da conquistare, senza preclusioni ma su cui pesa ancora un’ampia base di disillusione.

Su come conquistarlo, è vero che il tema dell’ambiente tocca una particolare sensibilità, ma è interessante vedere come si associ a una crescente attenzione al tema più generale della promozione di un modello di benessere equo e sostenibile, che non esclude la crescita economica ma che include dimensioni più ampie e promuova nuove opportunità. Di fronte a questo quadro coerente desiderato, le preoccupazioni sull’immigrazione e sull’impatto delle nuove tecnologie passano in secondo piano. Il contrasto alle diseguaglianze sociali e la parità di genere rivestono una propria importanza specifica ma è preferita la lettura positiva di ciò che promuove il benessere e le opportunità di tutti.  In definitiva, l’immagine di una generazione che avrebbe voglia di trovarsi schierata in attacco rispetto ad un nuovo modello sociale e di sviluppo, non schiacciata in difesa, come accade da troppo tempo, rispetto a quello che non funziona nel Paese e nelle loro vite.

Qui alcuni dati emersi durante l’indagine:

Qual è il tuo giudizio sul lavoro del governo precedente (sostenuto da Lega e Movimento 5 Stelle)?

Negativo (voti 1-3)30
Abbastanza negativo (4 o 5)19,8
Abbastanza positivo (6 o 7)28,6
Positivo (voti 8-10)13,3
Non saprei8,3

Personalmente ti piace di più il governo in carica o quello precedente?

Il nuovo governo30,8%
Quello precedente29,1%
Nessuno dei due28,2%
Non saprei11,9%

Quanto consideri importanti i seguenti temi per migliorare il futuro del Paese? (percentuale di voto da 8 in su, su scala da 1 a 10).

Riduzione dell’inquinamento72,8
Promuovere benessere e felicità dei cittadini71,1
Rafforzare la crescita economica70,0
Promuovere le opportunità dei giovani69,8
Riduzione delle disuguaglianze sociali65,3
Gestire meglio l’immigrazione62,7
Promuovere la parità di genere60,2
Favorire uno sviluppo tecnologico inclusivo57,0

Alessandro Rosina

Servizio civile: nuove energie per i territori

Lunedì 2 Dicembre 2019, alle ore 9:30, la Regione Puglia organizza il convegno Servizio civile: nuove energie per i territori – Sinergie tra giovani, amministrazioni, terzo settore e comunità, presso la Fiera del Levante a Bari.

L’evento è l’occasione per la presentazione del piano triennale sul SCU (Servizio Civile Universale), per una riflessione sul senso del Servizio Civile e sui giovani, destinatari e attori sui territori. Una tavola rotonda permetterà il confronto con i rappresentanti delle Istituzioni, degli enti di Servizio Civile e degli Operatori volontari, per dibattere sul Servizio Civile quale opportunità di formazione per i giovani volontari e di sviluppo sociale e culturale per il Paese e le sue comunità.

Durante la tavola rotonda, interverrà Elena Marta, docente della Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e membro dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo.

Qui il programma completo del convegno.

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