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La condizione giovanile in Italia, 12 gennaio Benevento

LA CONDIZIONE GIOVANILE IN ITALIA – RAPPORTO GIOVANI 2017
Arcidiocesi di Benevento – Centro di Cultura “Raffaele Calabrìa”
Venerdì 12 gennaio 2018 ore 17.00

Introduzione
Dott. Ettore Rossi, Direttore Ufficio per i Problemi sociali e il Lavoro Diocesi di Benevento

Relazione
Prof. Alessandro Rosina, Ordinario di Demografia e Statistica sociale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Coordinatore scientifico del Rapporto Giovani

 

Locandina Benevento

 

Neeting 2, convegno internazionale sui Neet: i materiali

NEETING 2, CONVEGNO INTERNAZIONALE SUI NEET

Istituto Toniolo di Studi Superiori e Fondazione Cariplo in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore hanno promosso NEETING 2, CONVEGNO INTERNAZIONALE SUI NEET lo scorso  1 dicembre 2017 presso il Centro Congressi di Fondazione Cariplo.

L’Istituto Toniolo di Studi Superiori e Fondazione Cariplo, in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, hanno promosso il Secondo Convegno sui NEET (NEETING 2).
In continuità con l’edizione precedente, svoltasi nel 2016 in Università Cattolica e a Base Milano, il convegno è stato l’occasione per stimolare un confronto su dati, analisi e buone prassi tra soggetti a vario titolo interessati al fenomeno dei giovani in condizione di NEET (Not in Education, Employment or Training). La persistenza, nonostante l’azione di Garanzia Giovani e l’uscita dalla fase acuta della crisi, di un’alta incidenza di giovani appartenenti a tale categoria, continua ad alimentare sia una forte domanda conoscitiva (su caratteristiche, cause e implicazioni), sia la necessità di misure efficaci di intercettazione e attivazione in particolare della fascia più fragile. Desta, infatti, molta preoccupazione il costo sociale del lasciare un’ampia parte delle nuove generazioni a lungo in condizione di inattività, con conseguenze di ordine economico, sociale e psicologico. Il fenomeno va, però, letto non solo in termini di costi, ma anche di mancata opportunità del sistema paese di mettere la sua componente più preziosa e dinamica nella condizione di contribuire pienamente alla produzione di crescita presente e futura.

Leggi il comunicato stampa

Visita la pagina dedicata www.rapportogiovani.it/convegnoneet2017/

 

Consulta le presentazioni dei relatori al Neeting 2:

  1. Presentazione di Benedetta Angiari – Fondazione Cariplo – Progetto NEETwork Fondazione Cariplo
  2. Presentazione di Francesco Pastore – docente di Economia Università della Campania Luigi Vanvitelli
  3. Presentazione di Francisco Simões – researcher – Center for social research and intervention – University Institute of Lisbon
  4. Presentazione di Kyriaki Kalimeri – researcher – Computational Social Science – @ISI Foundation
  5. Presentazione di Alessandro Rosina – Università Cattolica del Sacro Cuore – Osservatorio Giovani Istituto Toniolo

 

 

1. Millennials italiani: una generazione “social”? Uno sguardo ai Neet – Fabio Introini e Cristina Pasqualini, Università Cattolica di Milano e Osservatorio Giovani, Istituto Giuseppe Toniolo

 

 

 

2. Do low educational attainment and unemployment keep you NEET?– Mario Spiezio (EUI)

 

3. L’Economia Circolare per rimettere in Circolo i NEET – Ilaria De Benedictis Ph.D in Economia Statistica e Sostenibilità, Università degli studi di Napoli Parthenope

 

 

 

4. Il lavoro di cura produce Neet? – Stefano De Martin, sociologo

 

 

 

 

5. La durata nello stato di NEET: due modelli differenti in Europa? – Dalit Contini, Marianna Filandri, Lia Pacelli, Università di Torino

 

 

 

6. Neet e Politica: dove sono, cosa pensano, cosa fanno – Andrea Bonanomi, Dipartimento di Scienze Statistiche, Università Cattolica del Sacro Cuore

 

 

 

7. Young people’s resilience in times of economic crisis: the case of NEETs and the role of social capital – Isabella Santini, Department of Methods and Models for Economic, Territory and Finance, Università la Sapienza, Roma

 

 

 

8. Progetti internazionali di mentoring per contrastare il fenomeno NEET – Francesca Devescovi • autrice per Alley Oop – Il Sole 24 Ore, Milano
Co-autori
Monica D’Ascenzo • giornalista Il Sole 24 Ore e responsabile Alley Oop – Il Sole 24 Ore, Milano
Ilaria Defilippo • autrice per Alley Oop – Il Sole 24 Ore, Milano
Giulia Pastorella • autrice per Alley Oop – Il Sole 24 Ore, Londra
Gloria Remenyi • autrice per Alley Oop – Il Sole 24 Ore, Berlino

 

9.Essere giovani: alla ricerca di un nuovo metodo d’intervento – Vanessa Corallino, Università degli studi di Perugia

 

 

 

10. Biografia di una generazione – Alessandro Chiozza, Luca Mattei, Benedetta Torchia, ANPAL

 

 

 

11. SIA e REI in aiuto delle famiglie con minori – Massimo Baldini e Giovanni Gallo, Università di Modena e Reggio Emilia

 

 

 

 

12. NEET e mercato del lavoro europeo – Alessio Mitra (University of Bath & NEOS) e Raffaele Tranchitella (Commissione studio Tirocinio formativo e Giovani – ODCEC Bari & NEOS)

 

 

 

13.Essere NEET al Sud – Serena Quarta (Università del Salento) e Maurizio Merico (Università degli Studi di Salerno)

 

 

 

 

14. Young adult – Anna Siri e Mauro Migliavacca, Università degli Studi di Genova

 

 

 

 

 

Ascolta la puntata “Giovani e lavoro, i Neet” di Radio Maria con Daniela Marzana, ricercatrice in Psciologia sociale all’Università Cattolica del sacro cuore, Andrea Trisoglio, programme officer di Fondazione Cariplo, e Fabio Lo Vedere, docente di Economia all’Università di Palermo.

 

 

 

 

 

Buon 2018!

L’Osservatorio Giovani vi augura un buon anno 2018!

L’attesa è molta, anche dopo le grandi soddisfazioni del 2017.

Auguri!

Buon Natale

I più cari auguri di liete festività e di Buon Natale dall’Osservatorio Giovani

(foto di Yuri Vazzola)

Qual è il rapporto dei giovani con la fede? Audio e video lo raccontano

In vista del Sinodo, Osservatorio giovani si chiede: che cosa pensano i giovani della fede? Quali sono le loro credenze e i loro atteggiamenti nei confronti della religione?
Come hanno vissuto l’esperienza dell’Iniziazione cristiana, quali ricordi hanno del ‘catechismo’? Sappiamo che molti di loro, dopo la Cresima, si allontanano dalla Chiesa: quali ne sono i motivi? E quali esperienze e cammini possono portare a un riavvicinamento?

In questo video vediamo chi crede e chi non crede a confronto:

Anche Fattore giovani ne ha parlato con Don Burgio:

Ascoltiamo che cosa pensa la Chiesa di se stessa:

Chiesa dalle genti – la nuova puntata di 7×1

Parole per capirsi: le bufale

Parole per capirsi: la parola di questa settimana è bufala, intesa come fake news e notizie false della Rete.

Qualche dato: il 28% dei giovani inetrvistati da Rapporto giovani dice di aver condivisp informazioni che si sono rivelate false e il 75,4% ha confermato che è diventato più sensibile ai contenuti sospetti. Rimane un 11% dei giovani che pubblica comunque.

Si pone la credibilità della selezione delle fonti delle nostre informazioni. Come identificare la falsità di una notizia? Qual è una fonte attendibile? Cerchiamo di stare attenti a dove andiamo a cercare le notizie.

Ascolta

7×1 – Il Progetto Neetwork

In onda domani sabato alle 18.40 e domenica in replica alle 13 su Radio Marconi parliamo dei Neet, gli studenti che nè studiano nè lavorano. Il progetto Neetwork di Fondazione Cariplo cerca di intercettare questi giovani.

Abbiamo incontrato Andrea Trisoglio, program officer del progetto: “I ragazzi hanno bisogno di una motivazione. Fare un’esperienza a contatto con l’arte, la ricerca, la disabilità può dare una spinta per riattivarli”.

Ascolta l’anteprima

 

Perchè le idee diventino lavoro

“Riconoscere, sostenere e sfidare l’ovvio” è il claim di Fondazione Alamo, una realtà di 15 imprenditori che si sono chiesti: “Quello che abbiamo imparato come possiamo metterlo a disposizione dei giovani, e non solo?”. Volontariamente e gratuitamente investono il loro tempo con chi vuole provare a sfidarsi, a dare forma a un’idea. Sono da poco scaduti i termini del Premio Alamo destinato agli under 35. Sono stati 40 i progetti ricevuti dalla Fondazione nei settori più diversificati, esclusi i temi legati al digital. Ma per tutto l’anno sul sito della Fondazione è sempre aperto un form di quattro pagine di campi obbligatori perché chiunque lo desideri possa condividere la propria idea di impresa per ricevere la valutazione di professionisti che si siedono allo stesso tavolo per approfondirne le potenzialità. «Chiunque si può rivolgere alla Fondazione sia una start up o un’azienda. Abbiamo scelto, in partciolare, di aiutare il manifatturiero», racconta Mario Saporiti, presidente di Fondazione Alamo. I lavori hanno preso il via ad Aprile 2016. A oggi sono oltre 70 le idee caricate sul sito. «Abbiamo contattato tutti quelli che si sono rivolti a noi e abbiamo fatto almeno un incontro con ognuno. Abbiamo aiutato a definire il business plan laddove necessario per sfidare il pensiero “ovvio” che non si possano sviluppare l’idea per mancanza di soldi. Prima bisogna verificare che l’idea abbia la forza per vivere nel mercato. Non bisogna mai incaponirsi su un’idea, ma approfondirla».

Con quattro di questi progetti la Fondazione Alamo si è coinvolta al punto di partecipare con il 10% delle quote.

Ecco una delle idee sostenute da Fondazione Alamo (fonte Newsletter Fondazione Alamo):

Giovani, Lavoro, Rappresentanza: la ricerca di Rosina e Migliavacca

Dati: indagine statistica di approfondimento sul tema “Giovanni, lavoro e rappresentanza” nell’ambito del “Rapporto Giovanni” dell’Istituto Giuseppe Toniolo e in collaborazione con Fim Cisl. La rilevazione è stata condotta a febbraio 2017 su un campione di 2000 giovani dai 20 ai 34 anni. Ricerca a cura di Alessandro Rosina, docente di Demografia e Statistica sociale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e coordinatore scientifico Osservatorio Giovani, e Mauro Migliavacca, docente di Sociologia dell’Università di Genova.

Il lavoro che cambia e le aspettative delle nuove generazioni
Per i giovani intervistati il lavoro è messo in relazione sia a fattori materiali (uno strumento diretto a procurare reddito) che simbolici (un luogo di impegno personale e una modalità di autorealizzazione). La “dimensione economica” si è rafforzata durante la crisi economica non tanto in riferimento al “lavoro ideale”, ma come risposta adattiva alle difficoltà incontrate. La preoccupazione per uno stipendio adeguato ha così superato il desiderio di poter svolgere una attività che consenta di realizzarsi. Quello che oggi i giovani cercano è prima di tutto un lavoro che consenta loro di guadagnare abbastanza per trovarsi intrappolati in una lunga dipendenza dai genitori e un rinvio continuo nella progettazione del un proprio futuro. Alla “realizzazione nel lavoro non si rinuncia, ma viene sempre più spesso spostata dopo questo obiettivo. Il tipo di contratto passa in secondo piano: se il lavoro è ben remunerato e magari consente anche di realizzarsi, non è strettamente necessario che sia a tempo indeterminato. Quello che però i giovani vorrebbero è una flessibilità a proprio favore, che consenta ad essi di scegliere come crescere nella professione, anche cambiando lavoro, non invece difendersi dai rischi di un lavoro malpagato e incerto che porta a rinunce e a sottoutilizzo del capitale umano.
Esistono in ogni caso sensibili differenze di genere. Per i maschi (ancor più per i laureati) la realizzazione continua a mantenere il primo posto, mentre si sposta al terzo posto per le donne, che più dei maschi come ben noto, soffrono di condizioni di svantaggio rispetto alla remunerazione e cercano una maggiore stabilità nel contratto per poter investire poi anche sulle scelte familiari.
Se gli attuali giovani italiani, più che in passato, hanno necessità di aggiungere alla pubblica anche una pensione integrativa, sono però anche la generazione del dopoguerra che sperimenta maggiori incertezze occupazionali associate a reddito basso e discontinuo, con la conseguenza di rinviare continuamente autonomia, formazione di una propria famiglia, oltre che decisioni in ambito previdenziale.
Tra chi lavora si conferma il punto debole dello stipendio come aspetto da migliorare. Il rischio di precarietà porta anche a chiedere una maggiore stabilità lavorativa. Queste due preoccupazione fanno scivolare la crescita personale scivola al terzo posto.

Le nuove generazioni italiane si trovano di fronte non solo al lavoro che manca, ma anche al lavoro che cambia come conseguenza dell’impatto di tre grandi trasformazioni che possono essere indicate con tre “i”: Invecchiamento della popolazione, Immigrazione e Innovazione tecnologica. Secondo la maggioranza dei giovani intervistati tutte queste trasformazioni possono avere un impatto sul lavoro giovanile.
Il fattore di preoccupazione più importante è il protrarsi della permanenza al lavoro delle generazioni più anziane.  La preoccupazione per la concorrenza degli immigrati è infatti indicata da poco più della metà degli intervistati, mentre si sale a quasi tre su quattro per lo scarso ricambio rispetto ai posti occupati dai lavoratori maturi. Intermedia la posizione dell’impatto delle nuove tecnologie che preoccupa oltre il 60 per cento dei giovani.
Va precisato che chi è “molto” d’accordo con l’impatto negativo di questi fattori è solo una stretta minoranza (meno di un giovane su quattro). Ma molti sono quelli che sono “abbastanza” timorosi che ci possa essere un effetto negativo. In parte questo è conseguenza della scarsa informazione nel dibattito pubblico sul reale impatto di queste tre “i”, in parte deriva però anche dalla sfiducia nella classe dirigente, che porta i giovani a chiudersi in difesa e ad avere timore che le nuove generazioni più che essere aiutate a incontrare le opportunità dei cambiamenti siano in Italia troppo spesso lasciate sole a fronteggiare i rischi e a pagarne i costi.
Coerentemente con ciò, esiste un interessante legame con l’istruzione. Il timore per la concorrenza degli immigrati risulta pari al 64,4% per chi ha solo la scuola dell’obbligo e si dimezza (32,8%) tra i laureati. Rilevante, anche se un po’ più ridotta, la relazione del titolo di studio con la percezione del rischio di posti di lavoro persi a causa dei processi di automazione legati all’innovazione tecnologica: si passa dal 55,1% di persone abbastanza o molto preoccupate tra i laureati al 64,3% per chi ha titolo basso.
Il timore, invece, verso il ricambio generazionale bloccato in alcuni settori per l’estensione della permanenza al lavoro delle generazioni più anziane, risulta abbastanza traversale alle varie categorie sociali.

Forte è la convinzione, tra i giovani italiani, di vivere una condizione di svantaggio in termini di investimenti, spazi e opportunità rispetto sia alle generazioni precedenti sia ai coetanei degli altri paesi sviluppati. Alla classe dirigente italiana, in particolare a quella politica, viene assegnata la principale responsabilità della combinazione al ribasso dei tassi di crescita del paese, dei tassi di occupazione giovanile, dei salari, del proprio futuro previdenziale.
I dati del Rapporto giovani mostrano chiaramente come l’incapacità della politica sia messa al primo posto delle cause dell’attuale difficile condizione dei giovani, seguita a distanza dall’egoismo delle vecchie generazioni (non verso i propri genitori, gli unici da cui ottengono sostegno concreto, anche se spesso più come protezione passiva che come vero incentivo all’intraprendenza). Sul lato di ciò invece che è debole come risposta per migliorare la propria condizione, gli intervistati indicano i giovani stessi che dovrebbero lottare di più per far cambiare le cose, ma ancor di più forme di rappresentanza collettiva (meno dell’8% pensa che non serva).

Cosa e chi può, secondo la visione dei giovani, incidere sul loro futuro lavorativo? La sola intraprendenza personale non è considerata di per sé sufficiente. Le leve più rilevanti per migliorare le opportunità di lavoro le hanno in mano, secondo gli intervistati, le aziende e del governo.  Poco più del 70% ritiene che il governo (attraverso le politiche pubbliche) e le aziende (attraverso strategie e investimenti) siano in grado di incidere sull’espansione e la qualità dell’occupazione. Questo dato sembra solo apparentemente in contraddizione con la grande sfiducia che i giovani dichiarano nei confronti della politica e sulla sua capacità di migliorare le condizioni delle nuove generazioni. Tale sfiducia deriva infatti proprio dalle inadempienze e dalla scarsa efficacia dell’azione politica verso i giovani e il futuro del Paese. Per più della metà del campione (51,6%) i sindacati, attraverso le loro azioni e il loro ruolo, possono avere un ruolo positivo nel favorire la realizzazione di tali politiche.

Di fronte ad un quadro presente di lavoro che manca (e che spesso è precario e di bassa qualità) e ad un quadro futuro di lavoro che cambia (con annesse nuove opportunità ma anche nuovi rischi) è interessante osservare come i giovani intervistati dichiarino un bisogno di rappresentanza collettiva.
Coloro che ritengono che nessuna possibilità di rappresentanza a favore dei giovani sia possibile risultano una stretta minoranza (8,8%). Il 15,1% pensa che sia possibile all’estero ma non in Italia. La grande maggioranza esprime quindi una domanda che attualmente non trova piena risposta, ma si divide anche sulle modalità e sugli attori che potrebbero “catalizzarla”. Per poco più del 12% è utile trovarsi uniti occasionalmente su obiettivi specifici. Per più dei due terzi è invece necessaria una struttura organizzata attorno a cui aggregare questo bisogno. Tra questi ultimi, la metà pensa che la forma più adatta possa arrivare da un rinnovamento degli attuali sindacati  (31,7%), mentre per l’altra metà (sempre 31,7%) servirebbero nuovi sindacati, capaci di superare i limiti di quelli attuali nel rispondere alle nuove esigenze del mercato del lavoro e alle istanze specifiche delle nuove generazioni.

Interrogati sul ruolo che dovrebbero avere i giovani nel sindacato, più della metà afferma come sia fondamentale favorire una loro presenza con un ruolo attivo.

Le riserve nei confronti delle attuali forze sociali hanno differenti motivazioni per i giovani intervistati. C’è chi pensa (una piccola parte, il 13,6% degli intervistati), che i sindacati non siamo mai stati utili e non possano esserlo neanche adesso. Chi, all’opposto, li considera positivamente senza riserve è il 18,2%.  Poco più di uno su cinque (20,9%) li ritiene oggi utili ma con attenzione rivolta alle generazioni più mature e ai pensionati. La gran parte (47,3%) ne riconosce l’utilità passata, ma ritiene he al giorno d’oggi serva un forte rinnovamento per rispondere alla forte richiesta di rappresentanza espressa dalle nuove generazioni.

Passando a considerare cosa, in concreto e in senso propositivo, potrebbe migliorare la visione e l’azione attuale del sindacato, gli intervistati evidenziano come la risposta a specifiche esigenze “personali” non rappresenti l’esigenza predominante. L’aiuto alla possibilità di far carriera è infatti indicata solo dall’8,3 % degli intervistati, mentre la tutela del posto del lavoro e le condizioni personali è segnalato dal 17,4%. Anche le azioni nei riguardi dell’azienda o organizzazione in cui si lavora raccoglie consensi rilevanti ma limitati (9,9%).
Molto più importante risulta la possibilità che il sindacato possa fornire servizi utili ai lavoratori (19,7%), come quelli fiscali o relativi a certificazioni e pratiche varie. A tal proposito va ricordata la rilevante quota di giovani che ha rapporti con il sindacato essenzialmente perché fruisce di servizi erogati dal sindacato stesso. Questo tipo di servizi sono considerati importanti e sono un punto di riferimento positivamente riconosciuto per i lavoratori. C’è però un aspetto ancora più importante, che emerge in modo chiaro dalla ricerca, che potrebbe fare la differenza tra un sindacato che ha una funzione strumentale (a cui rivolgersi occasionalmente per un bisogno personale o per il disbrigo di una pratica) e un sindacato che rappresenti un’istituzione in grado, invece, di porsi in modo credibile e autentico nei confronti delle nuove generazioni, come soggetto rappresentante  di interessi collettivi e in grado di mettere i lavoratori in sintonia con il mondo che cambia. Tale aspetto è connesso alla capacità del sindacato di operare, nei luoghi opportuni e sui tavoli politici, per favorire e rafforzare le condizioni di lavoro in generale. Il 44,7% dei giovani che hanno partecipato alla rilevazione, indica questa funzione, più che le azioni di interesse e utilità personale o per la propria azienda, come quella che più di ogni altra migliorerebbe la propria visione del sindacato. Anche in questo caso è possibile rilevare un legame con il livello di istruzione. Chi ha bassa formazione tende a dare più importanza al sindacato come istituzione che tutela il proprio posto di lavoro (indica tale voce il 20,3 di chi si è fermato alla scuola dell’obbligo contro il 15,3 dei laureati). Al contrario, chi ha un titolo di studio più elevato tende maggiormente a esprimere una domanda di una istituzione in grado di migliorare le condizioni di lavoro in generale (48,3% contro 41,5% per ha titolo più basso). In ogni caso anche tra chi si è fermato solo alla scuola dell’obbligo il consenso verso un’azione di miglioramento delle condizioni generali delle nuove generazioni risulta doppia rispetto a chi limita il ruolo del sindacato alla difesa e alla tutela di chi ha già un lavoro.

Procreazione assistita: che cosa ne pensano i giovani

Puntare su una buona vita di coppia anche senza figli. È il principale suggerimento che i giovani del nostro Paese darebbero ad un amico/a omosessuale che desidera un figlio. È quanto emerge dalle prime anticipazioni di un’indagine su giovani e procreazione assistita, contenuta nel capitolo “La risposta all’infertilità di coppia nella percezione dei giovani italiani” del prossimo Rapporto Giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo, la cui uscita è prevista nella primavera 2018. La rilevazione, curata fra gli altri da Eugenia Scabini, professore emerito di psicologia sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e presidente del Comitato scientifico del Centro di Ateneo studi e ricerche sulla famiglia, è stata avviata su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 2.256 giovani di età compresa tra i 20 e i 35 anni ai quali è stato chiesto di dare un consiglio ad amici, etero e omosessuali, che vorrebbero avere figli. L’80,4% degli intervistati non ha figli e, a fronte del 58% che non conosce persone che hanno fatto uso di tecniche di fecondazione assistita, il 39% ne conosce e il 2,1% ne ha fatto uso. Sei le opzioni proposte: cercare di avere una buona vita di coppia senza figli, ricorrere solo alla fecondazione omologa (solo per le coppie eterosessuali), ricorrere anche alla fecondazione eterologa, all’adozione, all’affido, alla maternità surrogata. Agli amici omosessuali i giovani consiglierebbero di puntare sulla vita di coppia (40,2% per l’amico gay e 37,5% per l’amica lesbica), mentre solo il 22,5% darebbe lo stesso consiglio alle coppie eterosessuali. Il 35,7% suggerisce l’adozione alla coppie eterosessuali, il 44% ad un amico gay, il 35,9% ad un’amica lesbica.

Il 15% dei giovani intervistati dall’Istituto Giuseppe Toniolo in tema di procreazione assistita – l’indagine completa sarà pubblicata nel prossimo Rapporto Giovani in primavera 2018 – consiglierebbe ad amici che non riescono ad avere figli la fecondazione omologa; una percentuale tra il 15 e il 19% consiglierebbe invece l’eterologa. Per quanto riguarda la donazione dei gameti (maschili e femminili) oltre l’80% dichiara di non conoscere le modalità della procedura, ma oltre la metà approva entrambe le pratiche. Solo il 12,5% disapprova la donazione di sperma; il 15,7% quella di ovulo. Sono le femmine ad approvare maggiormente rispetto ai maschi la scelta di un’amica a donare ovuli. Significativa l’influenza del fattore religioso: “sono infatti i giovani che danno poco valore alla religione – si legge nell’indagine – ad approvare con maggiore probabilità la scelta di donare gameti, mentre i giovani che danno più valore alla religione tendono a disapprovare in misura maggiore tale scelta”. In generale, i giovani si mostrano più cauti se si chiede loro di dare un consiglio, più favorevoli in caso debbano esprimere un parere. I giovani del Sud, regioni nelle quali peraltro sono più diffusi i centri di procreazione assistita, sembrano più favorevoli alla fecondazione eterologa per le coppie eterosessuali e alla donazione di sperma ed ovulo rispetto ai coetanei del Centro e del Nord.

Dalle anticipazioni dell’indagine su giovani e procreazione assistita condotta dall’Istituto Toniolo in vista del prossimo Rapporto Giovani, emerge che solo il 2,4% degli intervistati consiglierebbe il ricorso alla maternità surrogata ad un amico eterosessuale, il 4,5% ad un’amica lesbica, l’8,8% ad amico gay. Sondando il vissuto più personale dei giovani chiedendo loro di immaginare di avere un figlio in “modo naturale” o ricorrendo alla fecondazione omologa, eterologa o adozione, emerge che il ricorso alle tecniche di fecondazione eterologa pare mettere in crisi più delle altre procedure il loro senso di identità. La procreazione assistita risulta infatti associata a livelli molto bassi sia di stima di sé (24,5%), sia del senso della vita (26,3%), sia del senso di vicinanza agli altri (23,5%). L’avere un figlio in modo “naturale”, invece, risulta rinforzare e incrementare il senso di identità con percentuali molto alte in tutte e tre queste dimensioni (rispettivamente 58%, 48,6% e 39%). In posizione intermedia tra questi due estremi si situano sia la fecondazione omologa che l’adozione. Sono le femmine, più che i maschi, a sentirsi svilite nella propria identità se immaginano di dover ricorrere alla fecondazione eterologa, e arricchite se invece immaginano di avere un figlio in modo “naturale”.

(Fonte Agenzia Sir)

Procreazione assistita: Rapporto Giovani 2018, il primo consiglio ad amici gay è puntare su vita di coppia senza figli

Procreazione assistita: Rapporto Giovani 2018, più favorevoli al Sud. Il 15% dice sì, più della metà approva donazione gameti

Procreazione assistita: Rapporto Giovani 2018, il 2,4% consiglia maternità surrogata ad amici etero, il 4,5% e l’8,8% ad amici gay. Eterologa mette in crisi identità

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