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Mare, monti o città? C’è chi preferisce la solidarietà, 17 luglio Radio Maria

Il 17 agosto andrà in onda la rubrica di Istituto Toniolo su Radio Maria. Mare, monti o città d’arte? C’è chi preferisce la solidarietà. Domani ne parliamo con l’Istituto Toniolo e Caritas ambrosiana, Unicatt, Educatt, Orientamento, Cesi.

Di fronte al lavoro che manca e che cambia il 63% dei giovani chiede un forte rinnovamento delle forme di rappresentanza collettiva

ISTITUTO TONIOLO –  DI FRONTE AL LAVORO CHE MANCA E CHE CAMBIA, IL 63% DEI GIOVANI CHIEDE UN FORTE RINNOVAMENTO DELLE FORME DI RAPPRESENTANZA COLLETTIVA

Domanda oggi non del tutto soddisfatta

GIOVANI E LAVORO

La condizione delle nuove generazioni sul mercato del lavoro italiano continua ad essere problematica, nonostante l’uscita dalla fase più acuta della crisi. L’Italia continua ad essere il paese che lascia maggiormente i giovani in inoperosa attesa tra il non studio e il non lavoro. La percentuale di Neet nella fascia 15-34 è pari al 26%, oltre 10 punti sopra la media europea. Mentre il tasso di occupazione degli over 50 ha visto progressivamente ridursi negli ultimi anni il divario rispetto alla media europea, quello giovanile rimane bloccato su valori molto bassi.

Il tasso di occupazione italiano in età 25-29 risulta nel 2016 pari a 53,7% (il più basso in Europa, staccato di quasi 20 punti dalla media Ue-28) ed è sceso sotto il tasso di occupazione italiano in età 55-59, pari al 62,2% (meno di 7 punti sotto la media Ue-28).

Di fronte a questo quadro la preoccupazione per il lavoro risulta particolarmente alta e ben fondata per i giovani italiani.

E’ quanto emerge dalla rilevazione di approfondimento sul tema “Giovani, lavoro e rappresentanza” nell’ambito del “Rapporto Giovani” dell’Istituto Giuseppe Toniolo e in collaborazione con Fim Cisl, condotta a febbraio 2017 su un campione di 2000 giovani dai 20 ai 34 anni.

ALCUNI RISULTATI PRINCIPALI

Altro timore dei giovani,  è quello di un lavoro con basse condizioni economiche. La preoccupazione per uno stipendio adeguato ha superato negli ultimi anni il desiderio di poter svolgere un lavoro che consenta di realizzarsi. Quello, quindi, che oggi i giovani cercano è prima di tutto un lavoro che consenta di guadagnare abbastanza per non vivere alla giornata ma progettare un proprio futuro (29,9%). La realizzazione nel lavoro viene spostata dopo tale obiettivo (25,3%). Il tipo di contratto è meno importante rispetto a questi primi due punti: se il lavoro è ben remunerato e consente di realizzarsi va bene anche se non è a tempo indeterminato. Su livelli più bassi la richiesta che il lavoro non sia totalizzante (e vada a comprimere la vita extra-lavorativa) e che l’ambiente di lavoro sia positivo.

Pensando al tuo lavoro ideale, qual è tra questi l’aspetto più importante per te? 

Percentuale
Uno stipendio buono che non mi faccia avere preoccupazioni economiche 27,9
Un lavoro importante che mi faccia sentire realizzato 25,3
Un lavoro con un contratto stabile nel tempo 23,5
Un lavoro che mi permetta di avere tempo libero per me e i miei familiari 17,7
Un lavoro che mi permetta di avere colleghi con cui vado d’accordo 5,6
Totale 100

Le nuove generazioni italiane si trovano di fronte non solo al lavoro che manca, ma anche al lavoro che cambia come conseguenza dell’impatto di tre grandi trasformazioni che possono essere indicate con tre “i”: Invecchiamento della popolazione, Immigrazione e Innovazione tecnologica. Secondo la maggioranza dei giovani intervistati tutte queste trasformazioni possono avere un impatto sul lavoro giovanile.

Il fattore di preoccupazione più importante, più che l’immigrazione, è il protrarsi della permanenza al lavoro delle generazioni più anziane.  La preoccupazione per la concorrenza degli immigrati è infatti indicata da poco più della metà degli intervistati, mentre si sale a quasi tre su quattro per lo scarso ricambio rispetto ai posti occupati dai lavoratori maturi. Intermedia la posizione dell’impatto delle nuove tecnologie che preoccupa oltre il 60 per cento dei giovani.

Esiste un interessante legame con il titolo di studio. Il timore per la concorrenza degli immigrati risulta pari al 65% per chi ha solo la scuola dell’obbligo e si dimezza (33%) tra i laureati. Rilevante, anche se un po’ più ridotta, la relazione del titolo di studio con i rischi di posti di lavoro bruciati  dall’innovazione tecnologica (e in particolare dall’automazione dei processi produttivi): si passa dal 64% di persone abbastanza o molto preoccupate tra chi ha titolo basso al 55% per i laureati.

La preoccupazione, invece, verso il ricambio generazionale, bloccato in alcuni settori per l’estensione della permanenza al lavoro delle generazioni più anziane, risulta traversale alle varie categorie sociali.

Grado di accordo su alcuni fattori che possono ridurre le possibilità di lavoro (percentuale di chi afferma “abbastanza” o “molto”)

Percentuale
Concorrenza degli immigrati 52,5
Nuove tecnologie (automazione processi produttivi) 61,3
Lunga permanenza lavoratori maturi 73,8

Rispetto a cosa può favorire le opportunità di lavoro, la sola intraprendenza personale è considerata sufficiente dalla minoranza degli intervistati (44,2%). Quasi il 70% ritiene che il governo con le politiche pubbliche e le aziende con i propri investimenti possano allargare le possibilità di occupazione. Per la maggioranza dei giovani (51,6%) i sindacati possono avere un ruolo positivo nel favorire la realizzazione di tali politiche. Solo l’11% degli intervistati risulta per nulla d’accordo su tale possibile ruolo del sindacato.

Grado di accordo su alcuni fattori che possono favorire le opportunità di lavoro (percentuale di chi afferma “abbastanza” o “molto”)

Percentuale
Lavoro non mancherà mai se uno è intraprendente 44,2
Lavoro favorito da politiche pubbliche e investimenti privati 69,7
Ruolo rilevante dei sindacati nelle politiche del lavoro 51,6

POSSIBILITA’ DI RAPPRESENTANZA E ATTEGGIAMENTO VERSO IL SINDACATO

Di fronte ad un quadro presente di lavoro che manca (e di bassa qualità) e ad un quadro futuro di lavoro che cambia (con nuovi rischi e opportunità) è particolarmente interessante approfondire quale domanda di rappresentanza esprimano le nuove generazioni per non trovarsi in ordine sparso e impreparati di fronte alle sfide di oggi e di domani.

Coloro che ritengono che nessuna possibilità di rappresentanza a favore dei giovani sia possibile risultano una stretta minoranza (8,8%). Il 15,1% pensa che sia possibile all’estero ma non in Italia. La grande maggioranza esprime quindi una domanda di rappresentanza, ma si divide sugli strumenti. Per il 12,7% è più utile trovarsi uniti occasionalmente su obiettivi specifici. Per quasi un intervistato su due è necessaria invece una struttura organizzata.

Metà di chi esprime una domanda di struttura organizzata pensa che la forma più adatta possa arrivare da un rinnovamento degli attuali sindacati  (31,7%), mentre per l’altra metà (sempre 31,7%) servirebbero nuovi sindacati, capaci di superare i limiti di quelli attuali nel rispondere alle nuove esigenze del mercato del lavoro.

Una forma di rappresentanza collettiva a favore dei giovani

Percentuale
Non è possibile 8,8
E’ possibile all’estero, non nel contesto italiano attuale 15,1
E’ possibile migliorando profondamente il sindacato attuale 31,7
E’ possibile creando nuovi sindacati capaci di rispondere alle esigenze del nuovo mercato del lavoro 31,7
E’ possibile ma senza una organizzazione stabile, unendosi occasionalmente per ottenere specifici risultati 12,7
Totale 100

I giovani dovrebbero avere un ruolo attivo nelle organizzazioni sindacali?

Percentuale
Sì, è fondamentale 53,6
Sì, ma non è necessario 23,6
No, meglio lasciare spazio a persone con maggiore esperienza 8,5
No, meglio che i giovani creino le proprie organizzazioni 5,9
Non so 8,4
Totale 100,0
b9 I giovani dovrebbero avere un ruolo attivo nelle organizzazioni sindacali?
Frequenza Percentuale Percentuale valida Percentuale cumulata
Validi 1 Sì, è fondamentale 1073 53,6 53,6 53,6
2 Sì, ma non è necessario 472 23,6 23,6 77,2
3 No, meglio lasciare spazio a persone con maggiore esperienza 169 8,5 8,5 85,7
4 No, meglio che i giovani creino le proprie organizzazioni 119 5,9 5,9 91,6
5 Non so 168 8,4 8,4 100,0
Totale 2000 100,0 100,0

La domanda di rappresentanza risulta quindi elevata, ma non sta trovando attualmente risposta adeguata nelle forme attuali. L’atteggiamento nei confronti dei sindacati attuali non è positivo, ma nemmeno di bocciatura netta.

Chi pensa che i sindacati non siamo mai stati utili e non possano esserlo è il 13% degli intervistati. Chi, all’opposto, li considera positivamente senza riserve è il 18,2%.  Poco più di uno su cinque (20,9%) li ritiene oggi utili ma con attenzione soprattutto alle vecchie generazioni e ai pensionati. La gran parte (47,3%) ne riconosce l’utilità passata, ma chiede oggi un forte rinnovamento per poter essere una risposta convincente alla richiesta di rappresentanza espressa dalle nuove generazioni.

Potresti indicare quale affermazione rispecchia maggiormente la tua posizione?

Percentuale
I sindacati non sono mai stati utili, non hanno mai fatto i veri interessi dei lavoratori né oggi né in passato 13,6
I sindacati sono stati utili in passato ma non possono più esserlo nel mondo del lavoro di oggi se non si rinnovano fortemente 47,3
I sindacati sono ancora utili oggi ma soprattutto per le vecchie generazioni e i pensionati 20,9
I sindacati sono ancora molto utili per migliorare le condizioni di lavoro di tutti 18,2
Totale 100

Passando a considerare cosa in concreto potrebbe migliorare la visione attuale del sindacato, la risposta a specifiche esigenze personali non è quella messa in primo piano. L’aiuto alla possibilità di far carriera è infatti indicata dall’8,3%, mentre la tutela del posto del lavoro e le condizioni personali è segnalato dal 17,4% come fattore più importante. Anche l’azione verso la propria specifica azienda raccoglie consensi rilevanti ma limitati (9,9%). Molto più importante è la possibilità che il sindacato possa fornire servizi utili ai lavoratori (19,7%), come quelli fiscali o relativi a certificazioni e pratiche varie. Tali servizi sono considerati un punto di riferimento concreto per i lavoratori e sono tra gli aspetti positivi maggiormente riconosciuti ai sindacati. C’è però un aspetto ancora più importante che potrebbe fare la differenza tra un sindacato che ha una funzione strumentale a cui rivolgersi occasionalmente per tutela personale o per una pratica e una istituzione in grado, invece, di porsi in modo credibile e autentico nei confronti delle nuove generazioni come forma di rappresentanza di interessi collettivi. Tale aspetto è legato alla capacità del sindacato di operare per favorire e rafforzare le condizioni di lavoro in generale. Il 44,7% dei rispondenti indica questa funzione, più che le azioni di interesse e utilità personale o per la propria azienda, come quella che più di ogni altra migliorerebbe la visione del sindacato.

Esiste anche qui un legame con il livello di istruzione. Chi ha un titolo basso tende a dare più importanza al sindacato come istituzione che tutela il proprio posto di lavoro (indica tale voce il 20,3 di chi si è fermato alla scuola dell’obbligo contro il 15,2 dei laureati). Viceversa chi ha titolo alto tende ad accentuare la visione del sindacato come istituzione in grado di migliorare le condizioni di lavoro in generale (48,3% contro 41,5 per ha titolo più basso). In ogni caso anche tra chi si è fermato solo alla scuola dell’obbligo il consenso verso un’azione di miglioramento delle condizioni generali delle nuove generazioni risulta doppio rispetto a chi limita il ruolo del sindacato alla difesa di chi ha già un lavoro.

Quale di questi fattori migliorerebbe la tua visione del sindacato?

Percentuale
Se tutelasse tutti i dipendenti dell’azienda in cui lavoro 9,9
Se tutelasse il mio posto di lavoro e le mie condizioni personali di lavoro 17,4
Se operasse per migliorare le condizioni del mercato del lavoro in generale 44,7
Se fornisse servizi utili ai lavoratori 19,7
Se aiutasse a fare carriera 8,3
Totale 100

Commento prof. Alessandro Rosina, curatore dell’indagine dell’Istituto Toniolo – docente di Demografia e Statistica Sociale all’Università Cattolica 

“I dati della ricerca mostrano come esista una forte consapevolezza da parte dei giovani non solo delle difficoltà presenti nel rapporto con il mondo del lavoro ma anche dell’impatto, su rischi e opportunità, delle grandi trasformazioni in corso. Oltre ai cambiamenti prodotti dall’innovazione tecnologica e dall’automazione, emerge una forte preoccupazione verso gli squilibri generazionali nel mercato del lavoro e nella spesa pubblica di un paese che invecchia. Tutto questo alimenta un’ampia domanda di rappresentanza nelle nuove generazioni che rimane ad oggi largamente insoddisfatta. La risposta, secondo gli intervistati, può arrivare dall’emerge di forme nuove di rappresentanza collettiva o da un forte rinnovamento  delle forme esistenti. Secondo la maggioranza dei giovani il sindacato può cogliere questa sfida se mostra di essere non solo un utile sportello di servizi e uno strumento per proteggere chi ha un posto di lavoro, ma soprattutto di sapere e volere agire in modo credibile nel migliorare le condizioni generali per una presenza solida e qualificata delle nuove generazioni nei processi produttivi e sociali del sistema paese. La rappresentanza  collettiva coerente con aspettative e istanze delle nuove generazioni è uno spazio strategico che nessuno sta oggi davvero occupando in Italia”.


Commento Enrico Civillini, segretario generale Fim Cisl Lombardia

“La ricerca nasce dalla nostra voglia di ascoltare le ragazze e i ragazzi per capire meglio i loro bisogni, le loro aspettative e loro paure all’interno di una società e di un mondo del lavoro in profondo mutamento, per poi tradurli in risposte e opportunità, ricucendo la speranza del futuro. Oltre alla richiesta al sindacato di rinnovarsi profondamente per poter garantire una risposta convincente ai bisogni di rappresentanza, cogliamo con favore la voglia dei giovani di partecipare e di contare in uno spazio che dia loro protagonismo. I giovani hanno bisogno di esempi positivi e ci consegnano ancora un credito di fiducia che non possiamo sprecare, chiedendoci di dare loro un ruolo nei processi di sviluppo del Paese e di poter far parte di un’associazione che, partendo dalla soluzione dei problemi collettivi, possa dare risposta anche alle esigenze individuali.

Un’indicazione che ci carica di responsabilità, che ci consegna delle forti aspettative ma che ci rassicura sul fatto che la strada che la Fim Cisl ha intrapreso da tempo con coraggio e determinazione, lastricata di rinnovamento, allargamento alla partecipazione civica, costruzione di risposte ai nuovi lavori e collegamento virtuoso tra scuola e lavoro, sia quella giusta”.

Estate: un consiglio per la lettura

Sotto l’ombrellone che cosa leggete? E’ il tema della nuova puntata di 7×1. Un libro da consigliare ha a tema la resilienza. Abbiamo incontrato l’autore, professore Sergio Astori, psichiatra e psicoterapeuta. “Resilienza, andare oltre”.

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Tempo di vacanze, tempo di solidarietà: la nuova puntata di 7×1

La nuova puntata di 7×1 incontra Silvia Malacarne del Cesi, Centro ateneo solidarietà internazionale per progetti di volontariato internazionale in Paesi in via di sviluppo. Progetto rivolto a tutti gli studenti dell’Università Cattolica del sacro cuore. Sono periodi, tra le tre e le sei settimane, che formano la persona e la professionalità. Perù, Etiopia, Uganda, India alcune tra le mete più ricorrenti e bisognose. Ascoltiamo Silvia e la sua sfida.

Contest “Il futuro di Milano”

Milano, una città da rappresentare: è stato indetto un concorso per i giovani che, attraverso i cortometraggi, raccontano come vedono la città e come la vorrbebero vedere.

7×1 ha incontrato Maurizio Del Tenno, direttore di China Investment, che ha lanciato il contest in collaborazione con la Fondazione Ente per lo spettacolo.

“Si tratta di un concorso che dà voce ai giovani: l’idea è nata durante la visita del Santo Padre a Milano”.

Ascolta la puntata integrale

 

Al Cinema di Venezia si è conlcuso l’iter del contest filmico “Il Futuro di Milano” realizzato da Fondazione Ente dello Spettacolo per Giardini d’Inverno, un progetto promosso da China Investment S.r.l. È stato chiesto ai giovani a raccontare i cambiamenti della metropoli milanese: immaginare come vogliono la città di Milano tra 20 anni, valorizzando i luoghi in cui la trasformazione è più evidente. Ed è stato chiesto di farlo nel modo più congeniale ai ragazzi, attraverso un video (della durata compresa tra i 30 e i 90 secondi). Milano è un luogo che ha futuro, in cui vale la pena esserci, un luogo in mano ai giovani. Nei video si sono dovute mettere in evidenza: innovazione, cambiamento architettonico, sociale e urbano; rispetto per la tradizione e per il passato; solidarietà. Il tutto rappresentato con tono realistico, emozionale e futuristico.  Tra i numerosi cortometraggi, raccolti tramite la piattaforma Zooppa, ne sono stati selezionati 19 e tra questi i tre vincitori.  In giuria l’attrice e regista Maria Grazia Cucinotta, presidente; Mimmo Calopresti, regista e sceneggiatore; il sociologo Aldo Bonomi; mons. Davide Milani presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo; Marina Sanna caporedattore di Cinematografo e Francesca Cassani responsabile comunicazione di Giardini d’Inverno.

I tre premiati:
1.    Tutti gli altri colori diretto da Riccardo Petrillo e scritto da Susanna Rizzi Guarda

2.    Jacqueline realizzato da Fulvio Testaverde, Andrea Angaroni e Francesco Gori  Guarda

3.     Milan. Sign of change di Richard Duckett Guarda

Motivazione per il primo classificato. Aldo Bonomi: “Da sociologo, mi ha colpito che nei video ci sia una dimensione di Milano che va verso il futuro, una smart city, con un passaggio sui nuovi grattacieli di Milano. Il primo classificato, “Tutti gli altri colori” con un messaggio semplice esprime al meglio le potenzialità dell’integrazione attraverso l’uso dei colori “altri” dal nero e dal bianco, che in questa città non sono mai stati separati ma hanno dato vita a tante tonalità di grigio. Rimanda a una città multiculturale.” Bonomi riallacciandosi al tema del futuro, visto come dimensione dell’oggi, del tempo in cui viviamo, ha parlato di dittatura del presente: “In generale è evidente come Milano sia una città che nutre un immaginario giovanile coerente con il desiderio di vivere, sperimentare, avere delle opportunità, incontrare gente di ogni provenienza e origine, che guarda al futuro con fiducia. Una città molto smart che include, sostenibile”.

Motivazione per il secondo classificato. Marina Sanna: “Jacqueline è riuscito nell’intento non facile di trovare la formula per raccontare la Milano tra presente e futuro, evitando cliché e indovinando con intelligenza e fantasia la strada giusta per interagire con lo spettatore”.

Motivazione per il terzo classificato. Mons. Davide Milani: “Il riferimento a “Milano tra vent’anni” è esplicito e la visione del futuro è tematizzata con coerenza, in modo più chiaro rispetto agli altri concorrenti. Le immagini – ben girate e montate – mostrano frammenti di vita cittadina e scorci della nuova ed antica città, mentre grafiche e testi (pur con qualche fatica espressiva) dicono il sogno di un’esperienza di vita da metropoli ma pienamente “sostenibile”, in tutti gli ambiti dell’esistenza umana. Dichiarando la disponibilità a pagare il “prezzo” per tutto ciò: con qualche supplemento di impegno per la mobilità o una poco poetica mutazione dello skyline urbano. La città del futuro – secondo questo corto – non è futuribile, ma è pienamente la Milano di oggi dove a dover cambiare è “solo” l’atteggiamento responsabile di tutti per la salvaguardia dell’ambiente, qui inteso non come realtà che avvolge la città ma come realtà originaria che ha generato, custodito e ancora oggi regge la metropoli ambrosiana”.

Una chiave per leggere il futuro del lavoro e il lavoro del futuro

Oggi molta dell’attenzione delle istituzioni del mercato del lavoro e in parte del mondo formativo è sulle competenze di tipo tecnico-specialistico, che ruotano principalmente intorno alla componente digitale applicata sia ai processi di produzione (meccatronica ad esempio) sia alle attività di progettazione degli stessi. Al contrario, quello delle competenze trasversali (soft skills) che possono consentire ai lavoratori un miglior approccio a scenari mutevoli e complessi è un tema che trova spazio nelle dichiarazioni di intenti ma meno nelle azioni concrete. Queste invece sono fondamentali.

Infatti ci troviamo in un clima di accelerazione tecnologica che fa sì che i programmi scolastici, finanche quelli universitari delle facoltà a più alto contenuto tecnico-scientifico, fatichino a stare al passo con i cambiamenti nei processi e nei prodotti. Tale differenziale di velocità rischia di consegnare al mercato del lavoro giovani iper-specializzati ma su contenuti già superati o che verranno superati in tempo breve. Questo avviene se la scuola e l’università vengono concepiti come una torre d’avorio impermeabile al mondo esterno, senza possibilità di contaminazione pratica oltre che teorica. Al contrario, vi sono metodi pedagogici e strumenti concreti ancor poco diffusi (alternanza, apprendistato, dottorati industriali) che consentono questa contaminazione favorendo un processo costante di aggiornamento sia del mondo formativo che delle imprese. Una delle sfide principali della Quarta rivoluzione industriale è proprio quella di abilitare a questi processi di permeabilità in modo da consentire una riduzione di quel differenziale che è un danno sia per i giovani che per le imprese

Per questa ragione un investimento sui propri interessi, sulle proprie attitudini e capacità è oggi fondamentale, anche più di quanto lo fosse in passato. La costruzione di una personalità matura e in grado di affrontare le sfide della complessità, dell’imprevedibilità, della relazione è oggi il miglior investimento, e questo lo sottolineano tutte le imprese moderne. Chiaramente occorre declinare tali interessi all’interno del mondo in cui viviamo e lungo le dorsali dei modelli produttivi dominanti. Così è evidente che l’elemento digitale oggi è sempre più pervasivo in tutti i settori e in tutti i lavori, da quelli più manuali a quelli che immaginiamo come puramente intellettuali. Ma se la tecnologia è uno strumento e non un fine allora si può utilizzare come tale.

Altro elemento è quello della qualità dei percorsi formativi. Se il valore di un percorso universitario non può ridursi alle nozioni trasferite, che possono diventare vecchie se tutte concentrate nell’essere iper-aggiornate, allora è la qualità della didattica, la qualità dei docenti, la qualità dei percorsi di placement, di rapporti con l’estero e con il mondo delle imprese che può risultare fondamentale. Se il mondo oggi è caratterizzato dalla complessità occorre scegliere università e facoltà che hanno scelto di confrontarsi con essa, in tutte le modalità attraverso le quali l’università può farlo. Conta di più un buon tirocinio serio, che fa incontrare il mondo del lavoro e dell’impresa, rispetto ad un corso sulle ultime tecnologie.

Francesco Seghezzi, Direttore Fondazione ADAPT

Adapt è una associazione senza fini di lucro, fondata da Marco Biagi nel 2000 per promuovere, in una ottica internazionale e comparata, studi e ricerche nell’ambito delle relazioni industriali e di lavoro. Il nostro obiettivo è promuovere un modo nuovo di “fare Università”, costruendo stabili relazioni e avviando interscambi tra sedi della alta formazione, mondo associativo, istituzioni e imprese.

Anteprima di 7×1 – Contest “Il futuro di Milano”

Milano, una città da rappresentare: è stato indetto un concorso per i giovani che, attraverso i cortometraggi, raccontano come vedono la città e come la vorrbebero vedere.

7×1 ha incontrato Maurizio Del Tenno, direttore di China Investment, che ha lanciato il contest in collabroazione con la Fondazione Ente per lo spettacolo.

“Si tratta di un concorso che dà voce ai giovani: l’idea è nata durante la visita del Santo Padre a Milano”.

Vi aspettiamo, domani alle 18.30 su Radio Marco e in replica domani alle 13.30, per fare un tuffo nella proiezione di quello che sarà Milano.

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Neet: un fenomeno emergente inasprito dalla crisi, le donne le più penalizzate

Pubblicato sul sito www.rapportogiovani.it l’ebook gratuito con il focus sui neet.
Non studiano, non lavorano, ma sono anche molto più infelici e insicuri dei loro coetanei: è questa la condizione dei cosiddetti Neet. Secondo i dati Eurostat più alto in Italia è anche il numero di Neet che, indipendentemente dalla ricerca attiva o meno, sono interessati ad un lavoro: il dato nel 2015 è pari al 20,3% per l’Italia e 10,3% per la media europea (mentre il dato dei non interessati è analogo: 5,3% Italia e 4,6% Unione europea).

I nuovi dati del Rapporto Giovani, la grande indagine curata dall’Istituto Toniolo in collaborazione con Ipsos e il sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo, esplorano la preoccupante condizione di questa fascia di giovani anche in relazione ai loro coetanei. L’indagine è stata svolta ad ottobre 2016 su un campione rappresentativo di 5200 giovani tra i 18 e i 34 anni. Da oggi è disponibile l’ebook gratuito con il focus sui neet basato sui dati del Rapporto Giovani. Il tutto è scaricabile gratuitamente dal sito della casa editrice Vita e Pensiero.

Il focus del RG2017 mostra che, nella fascia considerata, meno del 20% dei Neet non sta cercando lavoro (14,5 tra i maschi e 23,3% tra le femmine), mentre oltre l’80% è interessato ad una occupazione anche se la cerca con vario impegno e convinzione (Tab. 1).

E’ interessante osservare che anche una buona quota di chi sta attualmente studiando è pronto a valutare un’offerta di lavoro (attorno al 30%).

Tra i Neet che non cercano lavoro, oltre la metà degli uomini (53,7%) e quasi un terzo delle donne (31,9%) dichiara che se gli venisse offerto un impiego lo accetterebbe subito (Tab. 2). Solo una parte molto marginale non cerca lavoro e non è interessata (Il 13,9% degli uomini e l’8,15% delle donne).

Da segnalare che la maggioranza delle donne che non cercano lavoro non risulta né disinteressata né pronta ad accettarlo immediatamente nel caso le venisse offerto (60%). Pesa infatti all’interno delle Neet che non cercano lavoro la componente di donne che ha impegni familiari e che rimangono fuori dal mercato del lavoro per difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia.

Alla domanda, tra chi non cerca, quanto siano importanti varie condizioni nella disponibilità di accettare subito un lavoro, per le donne Neet prevale la conciliazione, la distanza da casa e in parte la remunerazione (che deve compensare i costi dei servizi per l’infanzia e altri servizi di cura a pagamento). I Neet maschi sono quelli invece che si adattano di più, avendo più esigenza di lavorare e meno vincoli di impegni familiari (Fig. 2).

Questo evidenzia come chi studia possieda aspettative elevate di valorizzazione, mentre la condizione di adattamento al ribasso sia molto forte tra i Neet, in particolare tra quelli così scoraggiati da non cercare più attivamente lavoro. Rinunciano però più a lavorare in una azienda di prestigio e a veder valorizzata la propria formazione che alla remunerazione, che quando molto bassa blocca la possibilità di uscire dalla casa dei genitori e costruire propri percorso di autonomia.

Non a caso i Neet sono anche quelli che si trovano maggiormente con percorso bloccato nelle scelte di transizione alla vita adulta (Fig. 3). Fanno parte della categoria che maggiormente rischia, all’aumentare dell’età, di invecchiare senza fare passi rilevanti nella realizzazione dei propri progetti, non solo occupazionali ma anche di vita.

“A mantenere elevato il numero di Neet in Italia” – sottolinea Alessandro Rosina, Demografo dell’Università Cattolica e coordinatore dell’Indagine Rapporto giovani – “contribuiscono, in misura maggiore che negli altri paesi avanzati, i giovani con carenti competenze e in condizione di disagio sociale, a rischio di marginalizzazione permanente, ma anche neodiplomati e neolaureati con buone potenzialità ma con tempi lunghi di collocazione nel mercato del lavoro per le difficoltà di valorizzazione del capitale umano nel sistema produttivo italiano.

“Per ridurre il numero di Neet – aggiunge Rosina – bisogna agire sia sullo stock, ovvero su chi si trova già da tempo in tale condizione e fatica ad uscirne, sia sul flusso, ovvero su chi sta finendo gli studi e si appresta ad entrare nel mercato del lavoro. Va inoltre stimolata e rafforzata la capacità di intraprendenza e di imprenditorialità dei giovani”.

Tabelle Neeting

La docente Sara Alfieri, docente di Psicologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Istituto Toniolo, al min 1.11 viene intervistata da Confartigianato Varese in merito al fenomeno dei Neet.

 

 

L’estate può essere solidarietà?

Nella nuova puntata di 7×1 ci siamo chiesti, assieme a Francesco Chiavarini addetto stampa della Caritas Milano, se l’estate può essere un momento di solidarietà: ecco cosa ci ha risposto.

Ascolta la puntata integrale

 

L’estate può essere un momento di solidarietà? Sabato 15 luglio

Sabato alle 18.30 su Radio Marconi e domenica in replica alle 13.30 la nuova puntata di 7×1.

Ci siamo chiesti assieme a Francesco Chiavarini della Caritas se l’estate può essere un momento di solidarietà: ecco cosa ci ha risposto.

Ascolta l’anteprima:

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