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Rapporto Caritas 2016, la crisi del lavoro penalizza giovani e giovanissimi

Ph. credits Sander van der Wel

Caritas: la povertà aumenta col diminuire dell’età.

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Giovani e lavoro. Ascolta la puntata

Giovani e lavoro. Ascolta la puntata su RadioMaria.

Ne parliamo con

Alessandro Mocca, docente di benessere lavorativo Facoltà di Psicologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore

Matilde Dondena, tutor di Stage (Università Cattolica) collabora con varie realtà, come organizzatore di produzione, attrice

Sara De Luigi instagramer e storyteller

 

Convegno nazionale NEET – 3 e 4 novembre, Milano

L’Istituto Toniolo di Studi Superiori, in collaborazione con la Fondazione Cariplo e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, promuove il Convegno Nazionale sui Neet che si terrà a Milano il 3 e il 4 novembre 2016.

Il convegno è inteso come occasione per stimolare un confronto su dati, analisi e iniziative tra i soggetti a vario titolo interessati al fenomeno dei giovani Neet (Not in Education, Employment or Training).

L’incidenza crescente in Italia di giovani appartenenti a tale categoria – che ha raggiunto livelli tra i più elevati in Europa – ha alimentato un forte aumento sia di domanda conoscitiva (su caratteristiche, cause e implicazioni), sia di misure efficaci di attivazione. Desta infatti molta preoccupazione il costo sociale del lasciare un’ampia parte delle nuove generazioni a lungo in condizione di inattività, con conseguenze di ordine economico, sociale e psicologico. Il fenomeno va però letto non solo in termini di costi, ma anche di mancata opportunità del sistema paese di mettere la sua componente più preziosa e dinamica nella condizione di contribuire pienamente alla produzione di crescita presente e futura.

È evidente, inoltre, come la complessità e la varietà del “fenomeno Neet” debbano essere lette alla luce di molteplici punti vista: psicologico, educativo, sociologico, economico, demografico. Il convegno – il primo nazionale e interdisciplinare in Italia sul tema – ha come obiettivo di porre al centro di riflessione i Neet attraverso uno sguardo ampio e approfondito che consenta di arricchire la conoscenza scientifica del fenomeno, condividere riflessioni di misura e metodo, oltre che dare indicazioni utili in termini di policy.

programma

 

Le prepotenze a scuola – L’indagine

Il 19,4 % degli studenti italiani ha assistito ad atti di bullismo a scuola, mentre il 12,1% è stato testimone del consumo di stupefacenti da parte di coetanei o addirittura di episodi di spaccio di droga all’interno delle aree scolastiche.

E’ quanto emerge dal focus dedicato alla scuola italiana dal Rapporto Giovani 2016 che è realizzato dall’Istituto Toniolo di Milano con il sostegno di Intesa Sanpaolo e della Fondazione Cariplo.  Il Rapporto Giovani 2016 è il frutto di una nuova fase di ricerca e mappatura che è partita nell’autunno 2015 con un rinnovato campione di 9.000 giovani tra i 18 e i 32 anni. I temi chiave sono:  lavoro, felicità, istituzioni, scuola, Europa e figure di riferimento.

Il Focus scuola del Toniolo evidenzia che nella scuola, purtroppo, non mancano neppure atti illegali. Ha assistito frequentemente allo spaccio o al consumo di sostanze stupefacenti il 12,1% degli alunni, con una percentuale più alta nei giovani che hanno frequentato l’istruzione o la formazione professionale (16,2%) e residenti nel Centro Italia (14,5%) o nel Nord-Ovest (14,4%). Oltre il 7,4% ha assistito frequentemente ad atti di furto (e solo il 48,6% mai), anche in questo caso con una prevalenza dei giovani che hanno svolto i percorsi di istruzione e formazione professionale (11,1%) e di chi vive nel Nord-Ovest (8,7%) e nel Centro (7,5%).

Dal Rapporto Giovani 2016 emerge che per quanto riguarda gli atti di prepotenza tra alunni, il 19,4% dei giovani, con una prevalenza dei maschi (20,4%) rispetto alle femmine (18,3%) ha dichiarato di avervi assistito frequentemente, mentre solo il 35,5% ha risposto «mai».

Differenze significative si registrano in base alla scuola superiore frequentata, mentre infatti i giovani che hanno studiato negli istituti professionali e nei tecnici hanno dichiarato nel 26,3% dei casi di avere assistito a gravi atti di prepotenza tra alunni, negli studenti che hanno frequentato altri indirizzi questa percentuale scende al 19,3% per arrivare al 16,1% nei licei.

Tra gli studenti delle superiori i liceali sono in testa (19,4%); seguono gli studenti degli istituti professionali (18,1%) e quelli degli istituti tecnici (16%).

Non vi è invece una grande distanza tra le zone del paese anche se i giovani che dichiarano maggiormente di avere assistito ad atti di grave prepotenza sono quelli del Sud e delle Isole (20,3%), mentre all’ultimo posto si collocano i giovani del Nord-Est con il 17,6%.

I giovani però dichiarano anche, nel 10,3% dei casi, di aver assistito frequentemente ad atti di grave prepotenza da parte di docenti o dirigenti nei confronti degli alunni e solo il 52,4% dichiara di non avervi assistito mai.

La percentuale delle donne che ha risposto «frequentemente» (11,0%) è in questo caso superiore a quella dei maschi (9,7%).

Anche in questo caso sono maggiormente i giovani che hanno frequentato i percorsi di istruzione e formazione professionale (12,3%) ad affermare di aver assistito spesso ad atti di prepotenza di docenti o dirigenti, seguono poi i liceali (10,6%) e gli studenti dei tecnici (8,5%).

Più della grave prepotenza, però, secondo i giovani, è presente nella scuola la discriminazione.  Il 23,6% dei giovani (il 25% delle femmine e il 22,1% dei maschi) ha dichiarato di aver assistito ad atti di discriminazione tra gli alunni; il 15,7% (il 16,6% delle femmine e il 14,8% dei maschi) inoltre, ha assistito con frequenza a comportamenti discriminatori da parte dei docenti e dei dirigenti.

“Nel contesto scolastico – spiega PIERPAOLO TRIANI, docente di scienze della formazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore e uno dei curatori del Rapporto Giovani –  non mancano, come in ogni ambiente sociale, le difficoltà e le criticità. Accanto all’attenzione si può trovare il disinteresse, al rispetto la prepotenza, al dialogo la chiusura alle ragioni dell’altro, all’osservanza delle regole il tentativo di eluderle, alla collaborazione l’imposizione. Sebbene, fortunatamente, prevalgano gli aspetti positivi, i racconti quotidiani degli alunni e degli insegnanti e gli studi di settore ci parlano di difficoltà relazionali a scuola che possono trasformarsi e assumere anche caratteri di forte gravità”.

“In questi anni, a tal proposito, – aggiunge TRIANI –  è andata crescendo (non senza punte di esagerazione) l’attenzione nei confronti del bullismo tra i ragazzi, fenomeno senz’altro presente nella scuola”.

“Nonostante che i dati sugli atti di prepotenza o di illegalità a scuola siano preoccupanti – conclude TRIANI – la scuola è considerata dagli studenti italiani un luogo positivo di socializzazione e per costruire solidi rapporti. Per questo motivo su questo tema  erroneamente definito come bullismo occorre evitare indebite generalizzazioni”.

Katia e la strada verso l’Unesco

Katia Morello è nata a Ispica, in provincia di Ragusa, un piccolo comune nel cuore del barocco di Val di Noto.

Si trasferisce a Milano per laurearsi in Politiche europee ed internazionali presso la facoltà di Scienze politiche all’Università Cattolica. A quest’esperienza segue un master in Diplomazia all’Istituto per gli studi di politica internazionale.

Gli interessi erano chiari.

Katia intuisce quale può essere la strada percorribile. Vive due esperienze di cooperazione internazionale in India e in Brasile. Lo stage la vede lavorare nell’ufficio di Rappresentanza della Commissione europea a Milano.

«Grazie all’Istituto Toniolo ho potuto realizzare un sogno», varcare la porta vetrata della Maison de l’Unesco.

«Un labirintico involucro di cemento con un cuore fatto di di cultura, di arte, ma soprattutto dal calore umano di persone provenienti da tutto il mondo. Ho trovato un luogo in cui la condivisione, le diverse opinioni si incontrano e dove gli stati membri lavorano incessantemente alla costruzione della pace fra i popoli».

Grazie a questi mesi, Katia sta capendo ancor di più l’importanza della diplomazia multilaterale, del dialogo tra le differenti culture e dell’educazione come strumento principale di emancipazione dei popoli dalla povertà in tutte le sue sfaccettature. «Vorrei poter percorrere pienamente questa strada».

Silvia, dalla laguna alla mole per gli egizi

Silvia Cendron, classe 1991, ha frequentato la triennale dei Storia dell’arte nella sua Venezia per poi frequentare a Milano in Cattolica la magistrale in Economia e gestione dei beni culturali e degli eventi espositivi. “Il contesto della bellezza in cui sono sempre cresciuta mi ha fatto intraprendere questa strada artistica, poi ho scoperto che volevo capirne il lato gestionale, cioè come far sì che tutti ne possano godere e come valorizzarla”.
Già durante gli anni universitari Silvia cerca di capire che percorso intraprendere. Studia storia dell’arte moderna e medievale per sei mesi alla Sorbona a Parigi e management culturale per sei mesi sempre in territorio francese.
“Il mio obiettivo, una volta terminata la magistrale, è diventato lavorare in un ambito museale, in Italia o all’estero, senza preclusioni. Pensavo di costruire una carriera all’estero ma ho visto questo bando e ho pensato forse si può fare anche in Italia”. Grazie al bando dell’Istituto Toniolo, che ha offerto una borsa di studio a due giovani, Silvia è a Torino da marzo al Museo egizio. “Mi occupo di analisi del modello e seguo anche fundraising e gestione dei fondi ordinari. Vorrei continuare a farlo”.
Del lavoro Silvia sta imparando che è complesso, implica una grande elasticità mentale e anche disponibilità a mettersi in gioco, non limitarsi a un compito assegnato ma a vedere sempre una prospettiva più ampia. “Scopro che posso portare avanti con dedizione argomenti diversi e con tempi molto stretti”.
In conclusione dichiara apertamente che “la borsa di studio scade a inizio dicembre, ma io da qui non me ne vorrei andare”.

Salvatore da Napoli al Museo egizio di Torino

A volte la passione di un giovane si intuisce anche solo dal timbro della voce. Succede così mentre si ascolta Salvatore Ferraiuolo, 27 anni, originario della provincia di Napoli. Si è trasferito a Milano per frequentare il corso di laurea in Economia e gestione dei beni culturali e degli eventi espositivi. Durante gli studi, Salvatore ha cercato di fare esperienze sul campo attraverso lavori in gallerie, una collaborazione con Class tv su argomenti artistici, a Dublino in un museo e, infine, a Expo2015.

Tra le opportunità del Fellowship Program, promosso da Istituto Toniolo e da Università Cattolica, lo stesso giorno in cui terminava l’esperienza in Expo, Salvatore legge l’offerta della borsa di studio per l’internship presso gli uffici del Museo delle Antichità Egizie di Torino.

“Mi è saltata all’occhio la proposta e sembrava cucita addosso a me. Ho deciso di applicare”. Nel giro di settimane, Salvatore si trasferisce a Torino per iniziare un’esperienza che “risponde al mio percorso di studio permettendomi di fare pratica”.

Il lavoro consiste in un progetto di ricerca che ha l’obiettivo di studiare la fondazione come case history della gestione beni cultuali e individuare le scelte che hanno definito questo modello gestionale. Una situazione perfetta per Salvatore, che non ha scelto il corso umanistico di beni culturali ma ha combinato l’aspetto artistico sotto un aspetto di multidisciplinarietà. “Anche professionalmente vorrei preparare progetti culturali unendo la sensibilità economica a quella estetica, un unione che permette di cogliere le sfumature insite nell’una e nell’altra materia”.

È un’esperienza che si inserisce in un periodo delicato dove ogni giovane capisce cosa vuol fare della propria vita. “Vorrei continuare, sicuramente. In Italia è un settore in cui non è facile entrare. Le competenze richieste sono un adattamento all’ambiente di lavoro, rapportarsi con gli altri e imparare a lavorare in gruppo. Ad esempio, spesso dobbiamo produrre un unico risultato partendo da idee diverse e questo è molto bello”.

Salvatore sta facendo un’esperienza di lavoro dal contesto eccezionale e, conferma, “sì, ogni giorno provo a fare un giro al museo, almeno ci provo. Appena possibile corro a vedere di cosa stiamo studiando la gestione. È una bellezza”.

 

Clara a Parigi all’Unesco

Clara Gallo ha venticinque anni ed è lombarda, precisamente della provincia di Varese.

Dopo aver frequentato il liceo classico ad indirizzo linguistico, ha proseguito gli studi di Lingue per le relazioni internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La scelta è ricaduta su inglese ed arabo. «Il mio percorso di studi ha sempre avuto una vocazione internazionale ed interdisciplinare. Durante gli anni universitari ho anche frequentato una summer school sulla democrazia alla LSE di Londra grazie al programma per la mobilità degli studenti dell’Università Cattolica. Penso che i miei studi e gli insegnanti mi abbiano ispirato, trasmesso valori universali, insegnato ad essere critica e ad avere la mente aperta».

Dal mese di aprile 2016 è alla Missione permanente di Osservazione della Santa Sede presso l’UNESCO a Parigi.

«Mi sono candidata per la borsa di studio offerta dall’istituto Toniolo perché volevo lavorare in un’organizzazione dal carattere internazionale che opera per il bene delle persone».

Clara riflette e dice che i vantaggi dell’esperienza lavorativa all’estero sono apprendere una lingua, conoscere una cultura differente, crescere sia dal punto di vista umano sia dal punto di vista professionale.

Nel prossimo futuro? «Vorrei continuare a lavorare nel campo delle relazioni internazionali, pubbliche o private, all’estero o in Italia».

La condizione giovanile in Italia – 24 ottobre, Palermo

Il prossimo 24 ottobre alle ore 9 a Palermo verrà presentato il Rapporto Giovani 2016 con il focus sulla condizione giovanile.

L’incontro, presso il Liceo Classico Internazionale Statale “Giovanni Meli”, vedrà la presenza di S.E.R. Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo di Palermo, della Prof.ssa Francesca Vella, Dirigente Scolastico, della
Prof.ssa Gabriella Ammendola, Referente per l’orientamento.

Introdurrà il Prof. Marco Dell’Oglio, Delegato diocesano dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e presenterà il Rapporto il Prof. Fabio Introini, Università Cattolica del Sacro Cuore

 

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I giovani e la condivisione, la sharing economy coi loro occhi

Il Rapporto giovani ha individuato nella sharing economy una tematica da approfondire assieme ai ragazzi.
Rachel Botsman, co-autrice del libro What’s Mine is Yours, indica nella sharing economy un cambiamento culturale di tipo generazionale:  «Le cose stanno cambiando e una delle cause sono i nativi digitali, o generazione Y. Crescono condividendo – file, videogame, conoscenza. È la loro seconda natura. Così noi, i Millennials – anche io lo sono – siamo come soldati di fanteria, ci stiamo spostando da una cultura dell’io a una cultura del noi».
Nell’analizzare i dati riferiti ai Millennials, soprattutto in Italia molti giovani non hanno ancora raggiunto l’autonomia economica (il 59% riceve aiuto economico dai genitori) e questo può condizionare i loro comportamenti di acquisto.

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 foto Malcotti/IIS Galilei-Luxemburg

Per fare ordine tra queste pratiche, può essere utile organizzarle per classi Pais e Provasi 2015:

1.    rental economy: il noleggio di beni che sarebbero sottoutilizzati se posseduti direttamente dai privati organizzato da aziende (è il caso del car sharing, come Car2go o Enjoy);
2.    economia peer-to-peer: anche in questa classe rientrano beni altrimenti sottoutilizzati, in questo caso offerti direttamente dai loro proprietari (è il caso di piattaforme di ospitalità come Airbnb);
3.    economia on demand: piattaforme di intermediazione di servizi professionali forniti anche da non professionisti (come TaskRabbit, ancora assente in Italia);
4.    monete complementari: analoga alla classe precedente, ma sostituisce il denaro con crediti o con tempo come unità di valore dei servizi scambiati (come nella banca del tempo digitale TimeRepublik);
5.    open source: programmi software prodotti da comunità di sviluppatori e utenti avanzati, che li rendono disponibili gratuitamente a condizione che non vengano privatizzati (es. Linux); logiche analoghe vengono applicate nella condivisione delle infrastrutture di rete, dall’energia elettrica al wifi.
6.    finanza collaborativa: dal social lending al crowdfunding (la piattaforma più nota è Kickstarter).

Includendo nell’analisi anche musica e video streaming servizi, la società di consulenza PwC 2015 ha stimato che l’economia di condivisione oggi genera un valore di 15 miliardi di dollari rispetto ai 240 miliardi dall’economia tradizionale per gli stessi settori, e prevede che entro il 2025 la somma raggiungerà 335 miliardi di dollari, pari al 50% del valore totale. Secondo la recente indagine promossa da Burson-Marsteller, The Aspen Institute e Time 2016 45,3 milioni di adulti americani (il 22% della popolazione) hanno già offerto almeno un servizio di sharing economy e 86,5 milioni ne hanno usufruito (42%).

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foto Pipitone/IIS Galilei-Luxemburg
Tra i valori di riferimento di quella che è stata definita «cheapest generation» , la sobrietà, il minimalismo e la rinuncia al possesso sono sicuramente coerenti con i principali tratti della sharing economy. I Millennials non si definiscono come consumatori ma come makers, users, sharers e co-produttori di servizi e contenuti e definiscono le proprie identità prevalentemente attraverso relazioni, collaborazioni e interazioni sociali che sfidano la modalità acquisitiva su cui si basa l’economia attuale. Anche l’utilizzo delle tecnologie e dei mercati peer-to-peer, la fiducia verso gli estranei, la mobilità e la propensione al consumo esperienziale supportano la diffusione di modelli collaborativi. I due benefit principali attribuiti alla sharing economy, “risparmiare denaro” e “impatto sociale” sono coerenti con la mentalità “noi + io” dei Millennials, generazione in cui il soggettivismo etico convive con una propensione solidaristica a vocazione globale.
Se si passa dall’attitudine al comportamento, i dati disponibili presentano un quadro più ambiguo. La ricerca Burson-Marsteller, The Aspen Istitute e Time conferma le aspettative: i 18-34enni americani producono e usano servizi di sharing in misura superiore alla media (28% vs 22% come produttori e 51% vs 42% come consumatori).
Altre ricerche mettono in discussione questo risultato o permettono di scendere più in profondità nell’analisi. La ricerca Nielsen, pur confermando la maggiore attitudine dei Millennials alla condivisione dei beni (in media, 35% vs 17% dei 35-49enni e 7% degli over 50), rileva forti differenze territoriali: in America Latina, per esempio, gli over 50 sono molto attivi. Questi risultati aprono una riflessione interessante sulle “varietà della sharing” (per richiamare la letteratura sulla varietà dei capitalismi), legate anche ai tratti culturali di ogni contesto socioeconomico.
La ricerca VisionCritical e Crowdcompanies distingue tre categorie: i non sharers, persone che non hanno mai sperimentato servizi di sharing economy (60% della popolazione USA e 48% UK); re-sharer, che comprano o vendono beni di consumo utilizzando piattaforme consolidate come eBay o Craiglist (16% Usa e 29% Uk) e neo sharers, che utilizzano i servizi emergenti come Etsy, TaskRabbit, Uber, Airbnb e Kickstarter (23% Usa e 25% Canada). Quasi la metà dei neo sharers (48%) ha tra i 18 e i 34 anni. Il rapporto esclude l’ipotesi che lo sharing possa rappresentare solo una fase di passaggio per giovani che, non potendo ancora permettersi l’acquisto, si accontentano dell’accesso a beni in condivisione; al contrario, rileva una prevalenza di persone affluenti tra gli utenti delle piattaforme sharing.
Se dall’estero si sposta lo sguardo in Italia, i dati finora disponibili portano a riaffermare la centralità dei Millennials nella sharing economy. L’indagine Tns 2015rileva che il 46% di utilizzatori italiani di piattaforme sharing è un 18-34enne. Ipsos 2014distingue quattro profili di utenti: tra i «sostenitori» prevalgono proprio i 18-34enni, gli “aperti” non si caratterizzano per età, mentre i “distanti” e i “chiusi” sono soprattutto 55-64enni. Anche Censis 2015 conferma la predisposizione dei Millennials verso le pratiche sharing: il 32% utilizza prodotti usati (vs 15% dei 35-64enni), l’8% utilizza il car e bike sharing (vs 4% dei 35-64enni), il 2,5% pratica il couchsurfing (vs 1% nella popolazione), 189mila 18-34enni (su un totale di 11 milioni) hanno promosso una campagna di crowdfunding e 500.000 ne hanno finanziata almeno una.
Questi dati sono coerenti con la maggiore propensione dei Millennials all’utilizzo del digitale, anche per transazioni commerciali: il 94% è utente di internet (vs 71% della popolazione), l’87% è iscritto almeno a un social network (vs 60%), l’84% utilizza lo smartphone (verso 53%) e il 61% ha acquistato almeno un prodotto o servizio sul web nell’ultimo anno (contro il 28% dei 35-64enni).

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