La salvaguardia del patrimonio naturale del pianeta è uno dei temi che sta più a cuore ai giovani italiani. Esiste un ampio convincimento del valore comune che esso rappresenta, ma anche dei rischi legati all’impatto dei cambiamenti climatici, in larga parte prodotti dai nostri comportamenti. L‘81,8% si dice disposto a cambiare le proprie abitudini per ridurre l’impatto dei cambiamenti climatici sul pianeta, mentre l‘82% dichiara di essere disponibile a ridurre al minimo gli sprechi (dall’acqua alla luce, dalla plastica al cibo).
È quanto emerge da una indagine condotta dall’Osservatorio giovani dell’Istituto Giuseppe Toniolo, con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo, su un campione di 2000 giovani nati tra il 1982 al 1997.
Il tema è molto caldo. I recentissimi dati pubblicati dal Global Carbon Project (GCP) sono allarmanti. Nel 2018 si è toccato il record di emissioni di CO2 nel pianeta e anche le previsioni per il 2019 sono fosche. Contrastare l’aumento del riscaldamento globale è possibile ma esiste un divario ancora troppo ampio, secondo tale Rapporto, tra ciò che facciamo e ciò che dovremmo fare.
Cosa ne pensano le nuove generazioni italiane? I dati dell’Indagine dell’Istituto Giuseppe Toniolo mostrano come ci sia un’ampia consapevolezza: secondo la grande maggioranza degli intervistati la qualità del futuro del pianeta è strettamente legata alla responsabilità di ciascuno di noi, non solo dall’operato dei governi.
Dall’indagine, infatti, emerge che il 70 % cerca di scegliere prodotti di aziende impegnate nella salvaguardia dell’ambiente ed ancora l’85,35% si impegna nel fare la raccolta differenziata dei rifiuti. Altro aspetto molto interessante è anche l’alto senso di responsabilità percepito su questo tema dai giovani italiani, infatti oltre il 59% è convinto che la salvaguardia dell’ambiente investa direttamente ogni singolo cittadino.
L’interesse sul tema dell’ambiente emerge dall’indagine del Toniolo in modo molto chiaro: difficile trovare un argomento sul presente e futuro collettivo in grado di raccogliere un riconoscimento così trasversale, non solo sulla sua importanza, ma anche – come già sottolineato – sulla necessità di impegnarsi in prima persona.
Il sondaggio evidenzia come la grande maggioranza si dichiari sensibile e attenta (con il 49 per cento che lo è «molto»), mentre i disinteressati sono meno del 15 per cento. Per oltre la metà degli intervistati l’interesse è aumentato negli ultimi anni. C’è,però, anche la convinzione che bisognerebbe poter fare molto di più, soprattutto nel nostro Paese. Per oltre la metà degli intervistati (51,5 per cento) in Italia c’è meno attenzione nel dibattito pubblico verso la questione ambientale.
Ma emerge anche come gli stessi giovani debbano affrontare un gap di conoscenza: meno di uno su quattro si tiene informato in modo sistematico e non solo occasionale. A sapere molto bene cos’è lo sviluppo sostenibile è poco più del 10 per cento dei giovani. Infine, oltre l’80 per cento è poco attratto dalle associazioni oggi attivamente impegnate su questi fronti.
“La Conferenza delle Nazioni Unite sul clima recentemente svolta a Katowice (Cop24), più che per i timidi impegni presi dai Paesi partecipanti verrà ricordata per il coraggioso atto d’accusa rivolto alla classe politica mondiale dalla quindicenne attivista Greta Thunberg” commenta Alessandro Rosina, coordinatore dell’indagine. “Non si tratta di ideali o principi astratti. Da un lato c’è una preoccupazione concreta che deve trasformarsi in una consapevolezza più ampia di quanto il futuro dipenda dalle scelte del presente. Dall’altro c’è la sfida a guardare e gestire come opportunità le trasformazioni del proprio tempo, all’interno di un nuovo modello di sviluppo (sostenibile e basato su un concetto più articolato di benessere) che può vedere le nuove generazioni protagoniste”.