Tra il 2010 e il 2013 è crollato il numero degli under 35 al lavoro, passati da 6,3 a 5,3 milioni. E’ quanto emerge dalle tabelle dell’Istat, riferite al secondo trimestre, da cui emergono le difficoltà di coloro che hanno un età compresa tra i 25 e i 34 anni. E gli ultimi dati dell’Istituto Nazionale di Statistica non lasciano spazio agli equivoci: in questa fascia di età il calo delle unità lavorative ha toccato la cifra impressionante di 750.000.
Il tasso di occupazione è calato soprattutto tra i giovani uomini del Sud (dal 60,5% al 51% con quasi 10 punti) mentre per gli uomini del Nord il calo si è limitato a 5 punti (dall’86,6% all’81,4%). Per le giovani donne del Sud il calo percentuale è stato meno consistente partendo da un dato basso (dal 34,2% al 33,3%). Se si guarda al complesso degli under 35 (quindi anche ai giovanissimi) il tasso di occupazione a livello nazionale risulta in calo dal 45,9% del secondo trimestre 2010 al 40,4% dello stesso periodo del 2013.
Specularmente al calo del tasso di occupazione, è invece aumentato il tasso di disoccupazione nella fascia tra i 25 e i 34, cresciuto dall’11,7% del secondo trimestre 2010 al 17,8% dello stesso periodo del 2013: i disoccupati tra i giovani adulti sono dunque passati da 670.000 a 935.000. Al Sud il tasso di disoccupazione in questa fascia di età è ormai al 30% (molto simile tra uomini al 29,1% a donne al 31,5%) dal 20,6% di appena tre anni prima. Al Nord la disoccupazione tra i giovani adulti è passata dal 7,3% del secondo trimestre 2010 al 10,9
Una situazione fortemente critica, che spinge sempre più giovani a scegliere la strada dell’emigrazione all’estero: il Rapporto Giovani, la ricerca condotta su 9000 giovani dai 18 ai 29 anni, ha certificato come quasi il 50% dei giovani (48,9%) sia pronto ad andare all’estero per migliorare le proprie opportunità di lavoro. Solo meno del 20% non è disposto a trasferirsi. I più propensi a muoversi oltre confini sono i giovani del Nord (si sale oltre il 52%) e di sesso maschile (oltre la metà dei maschi contro un terzo delle ragazze). Inoltre i più disposti a trasferirsi per inseguire migliori opportunità di valorizzazione del proprio capitale umano sono proprio i laureati, a conferma del rischio di “brain drain”, non solo di “brain waste”, che corre il Paese.