A Trieste il 17 e 18 febbraio si terrò “Parole Ostili”, il primo incontro dedicato ai rischi del web.
Verrà presentato un “Manifesto della comunicazione non ostile” scritto a più mani dalla community con l’obiettivo di ridurre, arginare e combattere i linguaggi negativi della Rete. L’Istituto Toniolo è partner scientifico dell’evento.
Le nuove generazioni usano in modo diffuso la rete e i social network, li considerano come parte integrante della propria realtà e vita sociale. Il web è considerato un mezzo imprescindibile per acquisire informazioni e i social uno strumento utile per scambiare opinioni, confrontarsi, allargare conoscenze, raccontare di sé.
Questa presenza pervasiva della rete per i Millennials, la prima generazione socializzata in connessione continua dal basso con il mondo, non significa, tuttavia, che il loro sia un uso incondizionato e acritico. La grande maggioranza è a conoscenza di insidie e rischi anche se non sempre è pienamente consapevole della loro portata e delle implicazioni. Diventa, quindi, esperienza comune essere vittima o spettatore passivo o complice più o meno involontario di situazioni spiacevoli e di pratiche corrosive. Accade spesso, in particolare, di imbattersi in diffusione di notizie false (“bufale”), in contenuti offensivi e discriminatori
(“hate speech”), in provocazioni gratuite e accuse infondate (“trolling”). La grande maggioranza delle persone ritiene che queste pratiche rendano i social più inaffidabili e un l uogo meno ospitale. Manca, però, una condotta guida di comportamento che aiuti a non favorirne la diffusione e a disinnescare gli effetti.
La dimensione e l’interesse pubblico acquisito da questo tema suggerisce non solo la necessità di ulteriori analisi, quantitative e qualitative, ma anche lo sviluppo di codici di comportamento, strumenti e strategie di azione che aiutino a contenere gli effetti corrosivi negativi che pratiche di questo tipo possono produrre.
“Ognuno si regola in base alla propria sensibilità sia nel valutare l’affidabilità delle notizie da condividere sia nel lasciar cadere o nelle modalità di replica a provocazioni e insulti. Molti sono quelli che dopo essere stati “scottati” hanno deciso di limitare la presenza quantitativa e qualitativa in rete, diventando più cauti ma perdendo anche fiducia nelle possibilità di espressione e condivisione nei social – ha detto Alessandro Rosina, curatore dell’indagine – La dimensione e l’interesse pubblico acquisito da questo tema suggerisce non solo la necessità di ulteriori analisi, quantitative e qualitative, ma anche lo sviluppo di codici di comportamento, strumenti e strategie di azione che aiutino a contenere gli effetti corrosivi negativi che pratiche di questo tipo possono produrre”.
L’INDAGINE
Indagine di approfondimento dell’ “Osservatorio Giovani” dell’Istituto Giuseppe Toniolo su “Diffusione, uso, insidie dei social network”, condotta a gennaio 2017 su un campione di 2182 persone, rappresentativo dei giovani italiani di età 20-34 anni.
La quasi totalità dei giovani tra i 20 e i 34 anni usa la rete, la grande maggioranza è presente sui social network. Tra questi, il 90,3 per cento ha un account su Facebook, segue Instagram con 56,6 per cento, Google+ con 53,9 per cento, Twitter 39,9 per cento.
Rilevante è anche la presenza su LinkedIn, più orientato a profili professionali, che arriva al 22,4 per cento. Gli utenti di Pinterest arrivano al 20,4 e su Snapchat al 16,1 per cento (che sale al 27,4 per cento nella fascia più giovane del campione, gli under 22). Più di nicchia gli altri.
Gli utenti di Facebook risultano anche i più assidui, presenti quotidianamente in oltre il 90 per cento dei casi (93%), seguiti da Intragram (74%) e Snapchat (56,9%).
Lo strumento privilegiato per connettersi è lo smartphone (72,7%).
Rispetto alle attività svolte nell’ultima settimana, quelle più comuni sono leggere post di amici/follower (fatta “spesso” dal 74,1% degli intervistati), leggere news (63,2%), conversare privatamente tramite messanger (57,8%). Attività che comportano inserimento di contenuti sono meno frequenti ma coinvolgono una larga parte del campione:
commentare post di propri contatti (49, 1%), postare materiale sulla propria pagina (40,7%), condividere news (35,4%), postare proprie foto o video su pagine altrui (32,6%).
Di rilievo anche le voci “Leggere/cercare annunci di lavoro” (28,3%) e “Visitare account di personaggi pubblici” (26,6%), commentare una news su una pagina di media ufficiali (23,5%).
Nel complesso, la presenza attiva sui social dei giovani appare ampia, con intensa interazione e condivisione di materiali, news e opinioni.
La grande maggioranza dei giovani intervistati considera i social uno strumento che consente, più della vita “offline” di comunicare i propri stati d’animo (69,2% concorda “molto o abbastanza”) ed esprimere apertamente il proprio punto di vista sulle questioni più controverse dell’attualità (71,3%), con linguaggio più schietto e diretto (70,1%).
Allo stesso tempo emerge la consapevolezza dei rischi. Alto è infatti il consenso sul fatto che non vanno presi troppo sul serio perché i contenuti che vi si pubblicano possono essere tanto veri quanto “inventati” (86,6%).
Il modo di stare sui social è molto articolato. Il 27,6% usa la propria pagina/account come luogo di aggregazione, un diario in cui ci si racconta (17,1%), uno strumento per far emergere una parte altrimenti non evidente di sé (11,5%), per mettersi in mostra (7,7%) o utile come biglietto da visita (8,4%), ma per quasi il 20% è soprattutto un buco della serratura sulla vita degli altri. Poco meno del 5% lo usa prevalentemente come megafono per le proprie rivendicazioni.