Arriva una buona notizia per il mondo dei media: i giovani sono disposti a pagare per accedere alle notizie. Con una precisazione, che incontrerà il favore di alcuni e lo sconforto di altri: l’informazione “che vale”, quella per cui si mette mano al portafogli, rimane quella di quotidiani e riviste. Insomma, la tanto vituperata carta, data per spacciata un giorno sì e uno anche, resiste ancora. È quanto emerge da uno studio condotto sui Millennials americani, intitolato How Millennials get news: paying for content. L’indagine, che ha coinvolto circa mille giovani statunitensi fra i 18 e i 34 anni, è stata condotta da Media Inside Project, su iniziativa dell’American Press Institute e di Associated Press-NORC Center for public affairs research.
Nel complesso, il 78 per cento degli intervistati ha sottoscritto un abbonamento per avere dei contenuti a pagamento, legati però alla sfera dell’entertainment. La maggior parte riguarda l’accesso a film online o in tv, seguiti dalla musica e dai video games. Se andiamo alle news, la percentuale di chi paga per avere dei contenuti a pagamento si attesta sul 40 per cento, quindi circa la metà. In particolare, il 21 per cento sottoscrive abbonamenti ai magazine, e il 15 per cento ai quotidiani cartacei. La percentuale scende all’ 11 per cento per i magazine digitali e al 10 per i quotidiani nello stesso formato.
Chi paga per le news tende ad avere un’età più avanzata, e a sfruttare la possibilità di aggiornarsi anche per le proprie esigenze lavorative. Cambia anche il modo in cui ci si approccia ai social network. Questi rimangono la risorsa più diffusa per informarsi, ma chi fa uso di notizie a pagamento mostra una maggiore propensione a condividere contenuti di questo tipo, o a commentare i post che li riguardano. Infine, i Millennials che utilizzano sottoscrizioni a giornali o riviste seguono di più lo sport e la politica rispetto a coloro che non le usano.
Ma perché “gli altri” giovani non vogliono pagare per accedere alle notizie? In realtà, le motivazioni che sono emerse dalle interviste non riguardano un mancato interesse nei confronti dell’informazione. Per alcuni, semplicemente non ce n’è bisogno, dato il panorama sterminato di informazione free che ci circonda. Un altro fronte si appella invece al proprio status di cittadino: essere informato è un mio diritto, perché è ciò che mi rende un membro attivo e consapevole della società, dunque non devo essere obbligato a pagare per aggiornarmi. Resta da capire cosa ne pensano gli editori.