Nel 2013 le nascite hanno toccato il punto più basso dall’Unità d’Italia in poi. Nel 2014 l’ammontare dei nati è poi risultato ancora minore, tanto che l’Istat stesso, per evidenziare il record negativo, ha sottolineato che mai avevamo fatto così pochi figli dal 1861 in avanti.
Istat rileva dinamiche depressive della natalità per numero medio di figli per donna (Tft, Tasso di fecondità totale). Tale condizione porta ad accentuare ulteriormente il processo di invecchiamento della popolazione italiana. Come noto, la sostenibilità e la competitività di un paese è garantita anche e soprattutto dalla disponibilità di un ricambio giovane nella forza lavoro.
Il Rapporto Giovani analizza le aspettative di fecondità di un campione di oltre 9.000 giovani in un orizzonte di brevissimo (un anno da dall’intervista) e breve periodo (tre anni dall’intervista).
Il processo di formazione di una famiglia, che si realizza attraverso la conquista di una propria autonomia residenziale e che si articola nella concomitante o successiva formazione di un’unione e nell’eventuale nascita di figli, rappresenta uno dei passaggi cruciali che costituiscono la transizione all’età adulta. Tale processo in Italia, come ben noto, risulta persistentemente posticipato rispetto al resto dell’Europa.
L’età media all’uscita dalla casa dei genitori è pari a circa 30 anni, e la percentuale di giovani fra i 18 e 34 anni che vivono ancora con i genitori risultava nel 2013 ancora superiore al 65%, ponendo l’Italia ai primi posti in Europa per il ritardo con il quale i figli conquistano una propria indipendenza. Il ritardo nell’uscita di casa non è solo un esempio della crescente posticipazione nei passaggi cruciali che portano un giovane a diventare adulto, poiché a una ritardata conquista dell’autonomia residenziale tende a corrispondere anche un’età elevata alla formazione di una propria famiglia e all’entrata nella maternità e paternità.
Fig.1. Percentuale di giovani 18-34 che vivono con i genitori
Fonte: elaborazioni da dati Eu-Silc per anni 2005-2013
C’è un crollo dei tassi di fecondità di ordine superiore al primo. Tutto ciò pone molti interrogativi sui fattori che spingono le donne e le coppie ad avere un numero di figli inferiore non solo rispetto al passato, ma spesso anche rispetto alle loro stesse aspettative. L’Italia, infatti, è caratterizzata dalla presenza di livelli decisamente ridotti del tasso di fecondità totale e di progetti familiari che vedono nella famiglia con due figli la composizione attesa più frequentemente riportata dalle donne e dalle coppie
È stata dedicata un’indagine ad hoc al modo in cui i giovani europei vivono e considerano l’ambiente familiare, confrontando i dati raccolti in Italia, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito. Il primo ciclo di domande ha riguardato la rappresentazione della famiglia. Per quanto riguarda l’affermazione “la famiglia è semplicemente vivere insieme”, emerge una differenza statisticamente significativa tra i cinque Paesi considerati: in generale, la Germania è il Paese che riporta medie del “sì” più elevate, seguita dalla Francia. La Spagna riporta le medie più basse, seguita dalla Gran Bretagna. L’Italia si colloca in un posizione intermedia.
Il tema delle aspettative di fecondità riguarda la sfera della valutazione individuale di ogni singolo soggetto, che non possono essere spiegate in modo esaustivo dalle rilevazioni delle statistiche ufficiali sugli aggregati. Lo strumento più opportuno per indagare la sfera delle aspettative e delle preferenze individuali è quello delle indagini campionarie che raccolgono micro-dati longitudinali. In questo senso, la rilevazione del 2015 promossa dall’Istituto Toniolo nell’ambito del “Rapporto Giovani” costituisce uno strumento prezioso per l’analisi dei corsi di vita individuali. Il caso italiano è caratterizzato da una sovrastima dei desideri riproduttivi rispetto ai valori della fecondità realizzata.