Il focus – La Giornata Nazionale della Previdenza e del Lavoro quest’anno dedica un’attenzione particolare ai giovani e alla loro imprenditorialità, alla capacità di inventare nuove professioni in un momento di crisi economica, alla voglia di mettersi in gioco. Ma non basta che siano i giovani a rimboccarsi le maniche: il contesto nel quale viviamo, lo Stato, il mercato del lavoro italiano influiscono in modo determinante sulle opportunità che i talenti possono trovare innanzi a sé. E da tempo si parla delle tante persone che, per lavorare, scelgono di trasferirsi all’estero.
Il fenomeno – Il dibattito sulla fuga dei giovani talenti italiani è sempre vivo, oscillando tra le posizioni di chi minimizza portata e conseguenze del fenomeno e di chi parla di esodo drammatico. Ma quanto sappiamo veramente di questo fenomeno? Quali i dati reali e i costi stimati? Quali gli aspetti positivi e quali i rischi per un paese sempre più vecchio come l’Italia?
I dati – Secondo il Rapporto Giovani (www.rapportogiovani.it), la ricerca sui giovani italiani (18-30 anni) dell’Istituto Toniolo in collaborazione con l’Università Cattolica e con il sostegno di Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo, nonostante gli alti tassi di disoccupazione e il deterioramento delle offerte di lavoro, i giovani non sono rassegnati, cercano di reagire come possono. Mettono in campo strategie per fronteggiare la crisi in attesa di tempi migliori.
Sono molti quelli che si adattano e accettano un lavoro anche non pienamente in linea con desideri e aspettative. Altra strategia possibile è la fuga verso l’estero.
Quasi il 50% dei giovani (48,9%) si dichiara pronto ad andare all’estero per migliorare le proprie opportunità di lavoro. Solo meno del 20% non è disposto a trasferirsi. I più propensi a muoversi oltre confini sono i giovani del Nord (si sale oltre il 52%) e di sesso maschile (oltre la metà dei maschi contro un terzo delle ragazze).
E cosa pensano dell’Europa? Se prevale l’insoddisfazione per come l’idea di Europa unita è stata realizzata sinora, la maggioranza degli intervistati auspica un rilancio e vedrebbe positivamente (60% dei maschi e 54% delle femmine) un’evoluzione del progetto europeo che porti alla creazione degli Stati Uniti d’Europa. Per oltre il 60% è un luogo di opportunità di studio e lavoro. La mobilità interna favorita dall’Unione è considerata positivamente dalla maggioranza degli intervistati, soprattutto tra i più giovani. Favorevolmente è visto anche l’impulso dato alla circolazione di merci e agli scambi economici. Una funzione riconosciuta è anche quella di aver quella di aver promosso l’integrazione tra culture diverse.
Secondo i dati raccolti dall’associazione Italents (www.italents.com) – attraverso indagini condotte con il Comune di Milano (nel 2011) e con l’Agenzia Campania Innovazione (nel 2013) su complessivamente 1800 talenti espatriati – tra i fattori che spingono ad andarsene all’estero più che il maggior reddito in sé (indicato dal 50% degli intervistati), conta la presenza di meccanismi più trasparenti e meritocratici di reclutamento e carriera (80%). La possibilità di disporre di migliori strumenti e condizioni per svolgere al meglio la propria attività ottiene il 75% dei consensi. La carenza nel sistema di welfare attivo che incentivi e sostenga l’autonomia dei giovani arriva al 66%. Nel complesso prevalgono nettamente motivazioni più legate al desiderio dei talenti di trovare terreno fertile per una propria valorizzazione (con strumenti e stimoli adeguati per dare il proprio meglio) che garanzie di posto sicuro e reddito.
Il convegno – Il tema sarà discusso all’interno del convegno
“I giovani italiani in Europa e nel mondo: dati e costi del brain drain”
Istituto Giuseppe Toniolo, Rapporto Giovani e Italents
Venerdì 16 maggio, ore 14.00-15.20 – Sala Verde – Palazzo Borsa, piazza Affari 6 Milano