Varie sono le risposte che si possono dare a questa domanda e che motivano l’interesse ad aprire questo libro.
Quella oggi più comune è forse legata ai problemi e alle difficoltà che incontrano i giovani nel compiere con successo il percorso di transizione alla vita adulta, con il rischio di impoverimento materiale, frustrazione psicologica, disagio sociale. La sensibilità pubblica su questo tema trova autorevole riscontro nelle parole, in forte sintonia, di papa Francesco e del presidente Mattarella pronunciate a conclusione del 2016. Nel contesto della celebrazione dei Vespri e del Te Deum, il papa ha con enfasi affermato che abbiamo «un debito» nei confronti dei giovani. Ha inoltre aggiunto: «Abbiamo condannato i nostri giovani a non avere uno spazio di reale inserimento […], a emigrare o a mendicare occupazioni che non esistono […]. Abbiamo privilegiato la speculazione invece di lavori dignitosi e genuini che permettano di essere protagonisti attivi nella vita della nostra società». L’attenzione al rapporto tra giovani e lavoro è da vari anni anche una costante del messaggio di fine anno del presidente della Repubblica. In alcuni passaggi chiave del discorso a conclusione di un 2016 al di sotto delle aspettative – con risultati incoraggianti ma timidi e un quadro politico incerto – si è rivolto direttamente ai giovani, riconoscendo, con molta sincerità i punti dolenti che li riguardano. In particolare
ha premesso che esiste un problema di «dignità» legata al lavoro, e che quest’ultimo troppo spesso «è insufficiente, sovente precario, talvolta sottopagato».
È interessante notare come in entrambi i messaggi il rapporto tra giovani e lavoro venga esplicitamente declinato con il tema della dignità. C’è quindi una preoccupazione cresciuta nel tempo nei confronti di una condizione di difficoltà accentuata da una crisi economica che ha colpito molti paesi e tutte le fasce d’età, ma che ha prodotto effetti particolarmente negativi sui giovani in Italia.
C’è però anche una seconda risposta, meno contingente, che questo volume si candida ad offrire. Il punto di partenza non è in questo caso quello che nella realtà non va, ma quello che le nuove generazioni possono essere e vogliono diventare. L’obiettivo è capire, attraverso i giovani, il mondo che cambia e come il nostro paese vive e affronta le sfide che il cambiamento pone. Le nuove generazioni sono un osservatorio privilegiato del mutamento sociale, perché crescono con il mondo che cambia e ne sono quindi gli interpreti più autentici, ma anche perché ciò che cambia va ad incidere soprattutto sul loro futuro. Ma c’è di più: le nuove generazioni sono il nuovo che produce nuovo. Non vengono per essere uguali alle generazioni precedenti (dei genitori e dei nonni) e non nascono e crescono in un mondo uguale a quello delle generazioni precedenti. Sono quindi il modo attraverso cui una società costruisce il proprio futuro, che è sempre un luogo diverso dal presente. Quello che accade ai giovani, quello che desiderano, quello che progettano, contiene allora le informazioni più importanti per capire dove soffia il vento del cambiamento e come sono disposte le nostre vele rispetto a tale vento. Solo se le opportunità delle nuove generazioni aumentano rispetto a quelle precedenti possiamo dire che la direzione intrapresa è quella giusta.
Prima di preoccuparci per i giovani dovremmo, quindi, cercare di capire meglio le nuove generazioni. È questa la prospettiva di lettura e analisi che abbiamo adottato a partire dal 2012, quando ha preso avvio la prima rilevazione del Rapporto Giovani che poi ha portato al primo report pubblicato con Il Mulino nel 2013. Negli anni il progetto si è consolidato fino a diventare un vero e proprio Osservatorio, che ha come asse portante la più approfondita ed estesa indagine in Italia sulla condizione delle nuove generazioni, promossa dall’Istituto Toniolo con il sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo.
Dall’Introduzione del nuovo Rapporto Giovani 2017