Il Sud è a rischio di desertificazione industriale e il mercato del lavoro locale è tornato ai livelli di quarant’anni fa. È quanto emerge dalle anticipazioni del Rapporto SVIMEZ sull’economia del Mezzogiorno 2015, presentato ieri a Roma. L’Associazione per lo sviluppo dell’industria del Mezzogiorno ha fotografato l’attuale situazione delle regioni meridionali italiane, sempre più arretrate rispetto al Nord del Paese. Nel 2014, per il settimo anno consecutivo, il Pil del Mezzogiorno è rimasto negativo (– 1,3%).
Preoccupanti i dati sull’occupazione, che nel 2014 tornano ai livelli del 1977: il numero di occupati nel Mezzogiorno è pari a 5,8 milioni, la cifra più bassa dalla fine degli anni Settanta. Nell’anno in questione, mentre i posti di lavoro crescevano in Italia di 88.400 unità, il Sud ne ha persi 45mila. In un quadro già critico, in cui stenta a decollare la crescita, il Sud paga il prezzo più alto della crisi economica scoppiata nel 2008. Nei sei anni successivi, infatti, il calo dell’occupazione è stato del 9%, contro il – 1,4% del Centro Nord: delle 811mila persone che in questo periodo hanno perso il lavoro, 576mila sono residenti nel Mezzogiorno.
L’impoverimento del tessuto industriale e la crisi del mercato del lavoro determinano conseguenze importanti per la fascia giovanile, che vede ridursi ulteriormente le possibilità di trovare un’occupazione. Negli anni fra il 2008 e il 2014, il Mezzogiorno ha perso 622mila posti di lavoro tra gli under 34, con un calo percentuale del 31,9%.
Considerata la medesima fascia d’età, trova conferma la tendenza per cui al Sud le donne lavorano meno che nel resto del Paese. A fronte di una media italiana del 34% (e di quella europea al 51%), la percentuale di giovani donne che al Sud hanno un impiego si ferma al 20,8%. In altre parole, lavora una ragazza su cinque. Se poi guardiamo ai giovani con meno di 24 anni, il tasso di disoccupazione al Sud ammonta al 56%, contro il 35,5% del Centro Nord. Infine, dei 3 milioni e 512mila Neet (Not in Education, Employment or Training) che si trovano nel nostro Paese, quasi due milioni sono meridionali.
Inevitabili dunque i numeri da “generazione in fuga” che il Rapporto Giovani ha presentato a giugno di quest’anno. L’84,4% dei ragazzi del Sud si dichiara disposto a trasferirsi altrove, pur di trovare un impiego. Le mete comprendono tutta Italia ma anche l’estero: il 50% degli intervistati infatti non avrebbe problemi a emigrare. La disponibilità a spostarsi cresce fra chi possiede un titolo di studio superiore, con un danno ulteriore per il territorio, che si vede così privato di potenziali risorse per il futuro. In generale, circa un giovane meridionale sue tre non è soddisfatto del lavoro che svolge, mentre al Nord la percentuale scende a uno su quattro.
Il divario con le regioni settentrionali, insomma, continua a crescere, e l’Italia resta un Paese spaccato in due. Proprio ieri, durante la cerimonia del Ventaglio al Quirinale, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato: «Non possiamo abbandonare un’intera generazione di giovani e il Meridione d’Italia. Il lavoro per tutti è un principio della nostra Costituzione».